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Articolo 195 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Processo verbale e relazione

Dispositivo dell'art. 195 Codice di procedura civile

Delle indagini del consulente si forma processo verbale, quando sono compiute con l'intervento del giudice istruttore, ma questi può anche disporre che il consulente rediga relazione scritta (1).

Se le indagini sono compiute senza l'intervento del giudice, il consulente deve farne relazione, nella quale inserisce anche le osservazioni e le istanze delle parti.

La relazione deve essere trasmessa dal consulente alle parti costituite nel termine stabilito dal giudice con ordinanza resa all'udienza di cui all'articolo 193. Con la medesima ordinanza il giudice fissa il termine entro il quale le parti devono trasmettere al consulente le proprie osservazioni sulla relazione e il termine, anteriore alla successiva udienza, entro il quale il consulente deve depositare in cancelleria la relazione, le osservazioni delle parti e una sintetica valutazione sulle stesse (2)(3).

Note

(1) Sebbene si comprenda come il legislatore abbia inteso privilegiare il principio dell'oralità anche nell'ambito della consulenza tecnica, lo svolgimento delle indagini direttamente alla presenza del giudice istruttore, con redazione da parte del cancelliere del relativo processo verbale, costituisce una ipotesi del tutto residuale nella prassi.
La riforma del 2009 ha preso atto di tale consuetudine disciplinando in maniera più dettagliata il deposito della relazione peritale scritta (si sottolinea che questo documento, a differenza del verbale d'udienza, non è un atto pubblico e non fa pertanto pubblica fede).
Viene stabilito un doppio termine: il primo è quello entro cui il c.t.u. deve depositare la relazione in cancelleria; il secondo è, invece, quello entro il quale le parti possono depositare le rispettive osservazioni alle risultanze peritali.
In ogni caso le parti possono presentare le proprie osservazioni nel corso dell'intera indagine: secondo la giurisprudenza, il mancato inserimento nella relazione delle osservazioni delle parti non comporta la nullità della consulenza, essendo sufficiente che il c.t.u. ne abbia tenuto conto nella redazione del proprio atto.
(2) Il termine per il deposito della relazione è ritenuto ordinatorio: il deposito oltre tale termine non comporta la nullità della consulenza, ma può, al più, giustificare una legittima richiesta di sostituzione del c.t.u., al quale è possibile anche chiedere il risarcimento del danno (oltre alla responsabilità penale che possa eventualmente essere riscontrata).
(3) Comma così sostituito dalla l. 18 giugno 2009, n. 69, con decorrenza dal 4 luglio 2009.
Il comma previgente recitava: "La relazione deve essere depositata in cancelleria nel termine che il giudice fissa".

Spiegazione dell'art. 195 Codice di procedura civile

Anche dopo il deposito della sua relazione, il c.t.u. rimane a disposizione del giudice per ulteriori attività (quali ad esempio eventuali chiarimenti sulle risposte rese ex art. 196 del c.p.c.), ed il suo incarico cessa solo con la definizione del processo.

La norma distingue a seconda che l’attività del consulente si svolga in presenza del giudice istruttore o meno.
Nel primo caso i risultati delle sue indagini vengono trasfusi in un processo verbale redatto dal cancelliere, restando meramente facoltativa e dietro disposizione del giudice la stesura di un elaborato scritto.

Se invece il c.t.u. compie le indagini da solo, senza l'intervento del giudice, la relazione scritta sembra obbligatoria, fatta salva la possibilità, con il consenso del giudice, di riferire in forma orale all'udienza, con relativa trascrizione nel verbale.
In ogni caso, anche se la relazione peritale viene trasfusa nel processo verbale redatto dal cancelliere, essa non acquista efficacia di fede pubblica fino a querela di falso.

L’art. 15 del DPR 13.02.2001 n. 123, contenente la disciplina del processo civile telematico, prevede una radicale innovazione della forma della relazione, la quale potrà essere inviata per via telematica, come documento informatico sottoscritto con firma digitale, unitamente ai documenti di corredo riportati mediante scansione su supporto elettronico (permane pur sempre l’obbligo di depositare gli originali cartacei in cancelleria).

Nessuna norma positiva prevede un contenuto minimo predeterminato e una particolare tecnica di redazione della consulenza.
L'unica prescrizione di contenuto è quella che qui si ritrova al secondo comma, in cui viene detto che le osservazioni o le istanze formulate dalle parti ex art. 194 del c.p.c. debbono essere inserite nell'elaborato del c.t.u. (ovvero allegate, se redatte per iscritto); l'omessa menzione di tali osservazioni rende invalida la consulenza solo se configuri una vera e propria violazione del diritto di difesa.

Malgrado il silenzio della legge, si è tuttavia evidenziata l'opportunità che la relazione contenga la descrizione delle operazioni svolte nelle singole fasi dell'indagine, potendo ciò risultare utile in caso di contestazioni sulla partecipazione o sulla portata delle attività espletate o per delibare su eventuali vizi del contraddittorio.

Il legislatore della riforma del 2009 ha previsto precise scansioni temporali nel sub procedimento che porta alla fase conclusiva della consulenza tecnica di ufficio; infatti, all'udienza fissata ex art. 191 del c.p.c., una volta conferito l'incarico al consulente, il giudice istruttore adotta un'ordinanza con cui:
  1. fissa un primo termine al c.t.u. per la trasmissione alle parti del suo elaborato;
  2. assegna un secondo termine alle parti al fine di svolgere eventuali osservazioni o deduzioni alla consulenza;
  3. fissa un terzo termine al c.t.u. per il deposito della relazione finale, la quale dovrà contenere le osservazioni delle parti ed una sintetica valutazione sui rilievi formulati dalle parti;
  4. stabilisce la data in cui si svolgerà l'udienza di prosieguo del giudizio.
La finalità che con tale precisa scansione temporale si intende perseguire è, intanto, quella di garantire la piena realizzazione di un contraddittorio tecnico.
Questa possibilità di dialogo tra il consulente e le parti, assistite dai loro esperti di fiducia, consente di incidere in concreto sul convincimento del c.t.u., in quanto nulla esclude che il consulente, sulla base delle osservazioni critiche delle stesse parti, possa modificare le conclusioni a cui è pervenuto nella sua perizia.

Inoltre, sempre grazie a questa scansione temporale, ci si è prefissi di ridurre e razionalizzare i tempi di espletamento della c.t.u., ossia i tempi occorrenti per l'acquisizione al processo di conoscenze specialistiche.
Per effetto di tale sistema, infatti, già alla udienza successiva al deposito della relazione, il giudice istruttore è posto in grado di esercitare i poteri lui attribuiti ex art. 196 c.p.c., ossia valutare la necessità o l'opportunità di assumere chiarimenti dal c.t.u., disporre accertamenti suppletivi e, se occorre, anche la rinnovazione delle indagini o la sostituzione del consulente.

Gli obiettivi che il legislatore intendeva raggiungere, però, rischiano di essere facilmente vanificati a causa della mancata qualificazione dei predetti termini come perentori, dovendo pertanto essere considerati come ordinatori ex art. 152 comma 2 c.p.c.; da ciò ne consegue non soltanto la loro prorogabilità, ma anche la facoltà per le parti di sollevare censure critiche all'operato del c.t.u. o comunque di produrre osservazioni tecniche di parte in un momento successivo del processo.

Proprio perché si tratta di termini ordinatori, il ritardo nel deposito della consulenza non invalida la stessa, ma, soltanto se ingiustificato, espone il consulente ad una sua possibile sostituzione ex art. 196 c.p.c..
Qualora, invece, sia l’ordinanza del giudice a non fissare i termini, tale mancata fissazione integra un’ipotesi di nullità della consulenza, poiché posta a presidio del diritto di difesa delle parti; si tratta in particolare di un'ipotesi di nullità relativa, e quindi assoggettata al rigoroso limite preclusivo di cui all’art. 157 del c.p.c. (suscettibile di sanatoria per rinnovazione).

Massime relative all'art. 195 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 19372/2021

Qualora nel corso del giudizio di merito vengano espletate più consulenze tecniche in tempi diversi con risultati difformi, il giudice può seguire il parere che ritiene più congruo o discostarsene, dando adeguata e specifica giustificazione del suo convincimento; in particolare, quando intenda uniformarsi alla seconda consulenza, non può limitarsi ad una adesione acritica ma deve giustificare la propria preferenza indicando le ragioni per cui ritiene di disattendere le conclusioni del primo consulente, salvo che queste risultino criticamente esaminate dalla nuova relazione. (Rigetta, CORTE D'APPELLO CALTANISSETTA, 20/03/2019).

Cass. civ. n. 20829/2018

I rilievi delle parti alla consulenza tecnica di ufficio, ove non integrino eccezioni di nullità relative al suo procedimento, come tali disciplinate dagli artt. 156 e 157 c.p.c., costituiscono argomentazioni difensive, sebbene non di carattere tecnico giuridico, che possono essere svolte nella comparsa conclusionale, sempre che non introducano in giudizio nuovi fatti costitutivi, modificativi od estintivi, nuove domande o eccezioni o nuove prove, e purché il breve termine a disposizione per la memoria di replica, comparato con il tema delle osservazioni, non si traduca, con valutazione da effettuarsi caso per caso, in un'effettiva lesione del contraddittorio e del diritto di difesa, spettando al giudice sindacare la lealtà e correttezza di una siffatta condotta della parte alla stregua della serietà dei motivi che l'abbiano determinata. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto esente da critiche la sentenza impugnata che aveva considerato le doglianze mosse alla CTU, per la prima volta in sede di comparsa conclusionale, "altre e diverse" da quelle già costituenti oggetto di giudizio, e pertanto nuove, con conseguente decadenza della parte dalla facoltà di prospettarle).

Cass. civ. n. 18522/2018

In tema di consulenza tecnica d'ufficio, poiché lo svolgimento delle relative operazioni inerisce ad attività processuale, il giudice non può fissare i termini di cui all'art. 195, comma 3, c.p.c. in modo che ricadano durante il periodo di sospensione feriale, se il processo è soggetto alla detta sospensione e salva rinuncia delle parti ad avvalersi di essa, non potendo operare, peraltro, la proroga automatica degli stessi termini, in modo da rispettare la sospensione, in quanto non prevista l'integrazione di un atto compiuto dal giudice e con il quale abbia disconosciuto l'efficacia della sospensione feriale. L'atto adottato in violazione della sospensione è affetto da nullità soltanto nel caso in cui l'erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa con riflessi sulla decisione di merito, che, nel caso di atto adottato in udienza, a pena di decadenza e conseguente sanatoria, deve essere eccepita in udienza dalla parte presente o che avrebbe dovuto esservi, atteso che quella sede rappresenta, ex art. 157, comma 2, c.p.c., la prima difesa possibile.

Cass. civ. n. 5897/2011

In tema di consulenza tecnica di ufficio, nel regime precedente la modifica dell'art. 195 c.p.c. ad opera della legge 18 giugno 2009, n. 69, nessuna norma del codice di rito impone al c.t.u. di fornire ai consulenti di parte una "bozza" della propria relazione, in quanto, al contrario, le parti possono legittimamente formulare critiche solo dopo il deposito della relazione da parte del consulente tecnico d'ufficio, atteso che il diritto di esse ad intervenire alle operazioni tecniche anche a mezzo dei propri consulenti deve essere inteso non come diritto a partecipare alla stesura della relazione medesima, che è atto riservato al consulente d'ufficio, ma soltanto all'accertamento materiale dei dati da elaborare. Ne deriva che non è affetta da nullità - ma da mera irregolarità, che resta irrilevante ove non tradottasi in nocumento del diritto di difesa - la consulenza tecnica d'ufficio, qualora il consulente, pur disattendendo le prescrizioni del provvedimento di conferimento dell'incarico peritale, abbia omesso di mettere la sua relazione a disposizione delle parti per eventuali osservazioni scritte, da consegnargli prima del deposito della relazione stessa.

Cass. civ. n. 3680/1999

Non dà luogo a nullità della consulenza tecnica l'omessa verbalizzazione delle operazioni compiute senza l'intervento del giudice così come la mancata indicazione nella relazione delle operazioni compiute da consulenti nominati in un precedente grado di giudizio, delle osservazioni e delle istanze delle parti e dei loro consulenti, non essendo comminata alcuna nullità per violazione dell'art. 195 c.p.c.

Cass. civ. n. 4637/1983

Non comporta nullità della consulenza tecnica l'espletamento della relazione in forma orale anziché scritta, in quanto l'art. 62 c.p.c. prevede espressamente tale relazione in udienza da parte del consulente tecnico in riferimento alle indagini a lui commesse.

Cass. civ. n. 853/1979

Il termine stabilito per il deposito della relazione del consulente tecnico d'ufficio è ordinatorio, e non perentorio, ed è inoltre discrezionalmente prorogabile dal giudice, onde il tardivo deposito di essa non ne determina la nullità.

Cass. civ. n. 241/1978

Nessuna norma fa obbligo al consulente tecnico d'ufficio di depositare in cancelleria i campioni sui quali abbia portato il suo esame, essendo il deposito previsto per la sola relazione.

Cass. civ. n. 490/1953

La mancata menzione, nella relazione del consulente tecnico d'ufficio della presenza dei consulenti di parte, nonché delle loro osservazioni e istanze, non importa la nullità, della relazione medesima, non essendo la nullità comminata dalla legge per l'inosservanza dei precetto di cui all'art. 195 del codice di procedura civile.

Cass. civ. n. 1482/1951

Quando per lo smarrimento di una relazione di consulenza tecnica lo stesso consulente è invitato a depositare altro esemplare della relazione da lui redatta ed attesta con giuramento che l'esemplare è la perfetta copia dell'originale già versato in cancelleria e da questa smarrito, si ha la garanzia sufficiente dell'autenticità dell'elaborato peritale e nessun diritto delle parti viene ad essere leso o compromesso.

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Consulenze legali
relative all'articolo 195 Codice di procedura civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Anonimo chiede
martedì 09/10/2018 - Marche
“Vittima emoderivati infetti, dopo l'iter necessario, sono arrivata al processo civile per indennizzo (l 210/92) per ottenere ulteriore indennizzo per doppia patologia (legge 238/97). In concomitanza ho un'altra causa per il risarcimento, citati liquidatore dell'ASUR (antica USL) e Regione.
Lamento 3 fatti che mi hanno messo in grande ansia. Il primo riguarda il referto RNA qualitativo e quantitativo (genoma del virus e quantità') che, benché sia stato consegnato almeno 2 volte sia all'avvocato che al nostro CTP, non è stato poi presentato se non con ritardo, unitamente alle osservazioni del CTP, il quale ha giustificato il fatto scrivendo di averlo avuto in ritardo da me (il che è una menzogna).
Il secondo eclatante è l' errore commesso dal CTU, che ha scritto all'inizio della sua relazione la verità - e cioè somministrazione di emoderivati infetti - mentre alla fine, nella conclusione, " vaccinazione antitetanica ", errore madornale data la ben nota differenza tra le due fattispecie, e strano per un CTU.
Il mio avvocato mi ha detto che avrebbe informato il giudice, ma che il processo si sarebbe allungato di almeno 5-6 mesi e così è stato, Purtroppo, però, l'avvocato non ha fatto presente "l'errore" in questione, ha solo fatto notare come il CTU non avesse tenuto conto di una serie di referti e valori, ma non ha accennato minimamente all'errore di cui sopra, dicendo a me che sarò io a dover parlare del suo errore al CTU all'ultima udienza ?!!
Io sono arrabbiatissima, ora mi dice che ho ragione io ma che lui non dirà nulla.
Inoltre io ho già vinto una causa civile per indennizzo l. 210/92, la cui relazione del CTU "recita" : "affetta da epatite cronica attiva, ottenendo solo l'8° tabella, e ora con tiroidite di hascimoto lichenplanus erosivo del cavo orale, inizio di insufficienza renale, iperglicemia, e anticorpi anticellule parietali gastriche e referto gastropanel del San Rafaele con scritto gastrite atrofica, si consiglia" ecc.ecc. Il CTU ha preso in considerazione solo le prime due patologie dichiarando sporadica la presenza degli anticorpi (che invece sono presenti dal 2014 e non andranno via mai più) e altro.
Ora cosa posso fare per ottenere, non dico giustizia perché non ci credo più, ma almeno impedire un falso, che penso potrebbe influenzare anche l'esito dell'altra causa? Io potrei scrivere direttamente al CTU o all'Avvocato per conoscenza al CTU e al CTP? Come rimediare? Ultima domanda, qualora volessi ritirarmi dall'altra causa, tra pochi giorni il giudice darà i tempi per le ultime memorie: fino a quando potrei farlo senza incorrere in spese? Mi hanno offerto, infatti, di ritirarmi senza spese.”
Consulenza legale i 16/10/2018
Vi sono qui diverse questioni da affrontare.

La prima è quella relativa ad eventuali errori del CTU.
La procedura civile prevede, come correttamente evidenziato anche nel quesito, che il CTU, prima del deposito della perizia definitiva, rediga prima una bozza di quest'ultima, da trasmettere alle parti per le opportune osservazioni (osservazioni che possono essere giuridiche, quindi elaborate dal legale, ed al contempo tecniche, elaborate dal CTP). Di queste ultime, purtroppo, il CTU può anche non tenere conto, dandone però adeguata motivazione nell’elaborato definitivo depositato in atti.
All'udienza generalmente fissata successivamente al deposito della perizia, le parti hanno la possibilità di discutere in merito alla stessa ed ai suoi contenuti e conclusioni. Non esistono, tuttavia, preclusioni in tal senso, ovvero si può sempre contestarne il contenuto fino al termine del giudizio.

A tale ultimo proposito, non si comprende bene cosa sia stato suggerito di preciso dal legale nel caso si specie: far valere l’errore all’ultima udienza è senz'altro possibile e doveroso, ma spetta non alla parte personalmente quanto all’avvocato (come dicevamo, quest’ultimo può contestare la CTU in ogni tempo).

La questione fondamentale è, tuttavia, se l’errore commesso dal CTU nell’elaborato sia stato o meno determinante nella decisione finale (nella sentenza).
Se infatti, sostanzialmente, la conclusione del Giudice si sarà basata sulla corretta premessa (somministrazione di emoderivati infetti) e comunque su altri elementi e valutazioni coerenti con tale premessa, non avrà evidentemente alcun senso far valere l’errore, mentre se – come parrebbe nel caso di specie – quest’ultimo è stato determinante nel giudizio, allora si potrà senz’altro farlo valere come motivo di eventuale appello.

In sintesi: per la causa non ancora conclusa, è possibile (e lo deve fare il legale) contestare la CTU fino alle memorie conclusive finali, prima della sentenza; se poi quest’ultima dovesse essere emessa tenendo in considerazione proprio il punto della perizia in cui il CTU ha sbagliato scrivendo in maniera errata ("vaccinazione antitetanica") allora si potrà impugnare la sentenza in appello.
Per la causa già conclusa, invece, vale comunque quanto appena detto, sempre fatta salva la pendenza del termine per appellare (se quest’ultimo, infatti, è già maturato, la sentenza è passata in giudicato e non si potrà più rivedere.

Se si dovesse perdere uno o entrambi i giudizi proprio o principalmente a motivo della CTU errata si potrà, in alternativa all’appello (non sempre possibile, come detto, dati i ristretti termini per impugnare) agire con un’azione civile ordinaria nei confronti del CTU personalmente, chiedendo il risarcimento dei danni.
Si tratta, però, attenzione, di giudizio in cui l’onere della prova è tutt'altro che agevole: si dovrebbe, infatti, dimostrare che la decisione del Giudice sarebbe stata con buona probabilità (più precisamente, con valutazione prognostica del genere “più probabile che non”) diversa se la CTU fosse stata corretta.

Quest’ultimo discorso vale negli stessi termini se si volesse far valere un’eventuale responsabilità dell’avvocato e/o del CTP per la produzione ritardata in giudizio di un documento (referto): occorrerebbe dimostrare, infatti, che dalla mancata consegna è derivato alla parte un danno, che questo danno è causalmente e direttamente riconducibile alla condotta del soggetto colpevole ed infine (e soprattutto) che se la condotta fosse stata diversa il giudizio avrebbe avuto con una probabilità alta (“più probabile che non”) esito differente.

Per quanto riguarda la questione, invece, del “ritiro dalla causa”, ci si riferisce sicuramente all’istituto della rinuncia agli atti.
Ciascuna delle parti può, in qualsiasi momento, rinunciare agli atti del giudizio, ovvero – come detto nel quesito – “ritirarsi” dalla causa.
La rinuncia, tuttavia, non è decisione totalmente a discrezione della parte che intende effettuarla ma deve essere accettata anche dalle parti (costituite ugualmente in causa: non invece da quelle rimaste contumaci, cioè assenti dal giudizio) che hanno interesse a che la causa prosegua. Non sempre, infatti, la controparte concorda sulla chiusura anticipata del giudizio: essa potrebbe avere, infatti, interesse a che il Giudice emetta comunque una sentenza che dirima la questione una volta per tutte, in modo da evitare, nel futuro, che quest'ultima “si riapra” (la rinuncia agli atti, infatti, non impedisce che l’azione venga riproposta in un successivo momento, salve le prescrizioni).

La parte che rinuncia, di regola, rimborsa le spese alle altre parti, salvo diverso accordo: se nel caso di specie hanno offerto, dunque, la rinuncia agli atti senza spese, è probabile che ciò significhi che la controparte accetterà la rinuncia senza chiedere il rimborso di alcuna spesa (legale), il che vuol dire che la parte rinunciante dovrà farsi carico solo delle proprie spese (quelle del suo avvocato).


Domenico R. chiede
sabato 19/05/2018 - Sicilia
“In qualità di convenuto sono coinvolto in una causa civile con un'impresa edile. Il Giudice per accertare l'importo delle opere realizzate dall'impresa in un mio fabbricato e stimare i danni lamentati per l'esecuzione di opere non a regola d'arte, ha disposto la rinnovazione di una CTU con sostituzione del consulente a una precedente perizia annullata per vizi e lesione del diritto del contraddittorio. La replica alla bozza di questa seconda Ctu è stata già trasmessa al consulente e questi ha tempo fino al 30/5/2018 per depositare in Tribunale la relazione finale.
1) -Avendo il Giudice già fissato la prima udienza successiva al deposito Ctu per il 31/05/ 2018, cioè l'indomani del deposito in cancelleria, come posso far valere il mio diritto a replicare alla Ctu finale nel caso il consulente non rispondesse a tutte le osservazioni fatte dal sottoscritto alla bozza di consulenza come avvenuto per la precedente Ctu?
2) -Come mi devo comportare il 31/05 per chiedere al giudice un termine di almeno 20 gg. entro il quale presentare eventuali istanze di nullità o di supplemento d'indagini?
Sarebbe gradita una risposta prima del 30/05/2018.
Vorrei sapere anche se la parcella al consulente va calcolata secondo le tariffe a percentuali stabilite dall'art. 11 del D.M.30/05/2002 (in materia di costruzioni edilizie) oppure secondo l'art.12 dello stesso D.M., in materia di verifica di rispondenza tecnica alle prescrizioni di progetto, di misura e contabilità dei lavori e se la precedente Ctu che non è neppure astrattamente utilizzabile nell'ambito del processo debba pagarsi.
Per il pagamento siccome non possiedo carta pay-pal, se mi fornite un codice iban provvedo a bonificarvi l'importo di € 29,90.
In attesa distinti saluti.”
Consulenza legale i 27/05/2018
Ai sensi dell’art. 61 del c.p.c., quando per la risoluzione della controversia sono necessarie cognizioni in materie specifiche che il giudice non conosce e quando i fatti da accertare siano riscontrabili solo attraverso specifiche cognizioni od esperienze tecniche, l’organo giudicante può farsi assistere da uno o più consulenti tecnici.

La CTU è un insieme di prestazioni, indagini e sessioni congiunte che vedono al centro l’operato del consulente del Tribunale; dette attività prendono il nome di “operazioni peritali”. La CTU è un mezzo di ausilio per il giudice volto alla più approfondita conoscenza dei fatti già provati dalle parti. Non si tratta di un mezzo di prova, ma di un supporto al magistrato in ambito tecnico sottratti alla sua conoscenza.

Quanto allo svolgimento delle attività del consulente si rimanda alla lettura integrale dell'art. 195 c.p.c.

La relazione tecnica del CTU può essere oggetto di critica da parte dei difensori delle parti. La perizia del CTU può essere contestata dalle parti durante le operazioni peritali a mezzo del proprio CTP (consulente tecnico di parte) il quale, prima del deposito della perizia in tribunale, ha la possibilità di proporre osservazioni critiche alla perizia in bozza del CTU; osservazioni che il CTU dovrà prendere in considerazione nella perizia di CTU finale, anche qualora non le condividesse.
La contestazione alla perizia del CTU può avvenire anche dopo il deposito della perizia, chiedendo al giudice, all’udienza fissata per esame CTU o, comunque, prima di tale udienza, la convocazione del CTU per chiarimenti e/o per richiesta di integrazione della CTU.

La Giurisprudenza ha stabilito che “le contestazioni ad una relazione di consulenza tecnica di ufficio costituiscono eccezioni rispetto al suo contenuto, sicchè sono soggette al termine di preclusioni di cui all’art. 157, 2° comma, c.p.c.,dovendo pertanto dedursi, a pena di decadenza, nella prima istanza o difesa successiva al suo deposito” (Cass. n. 290995 del 5.12.2017; sent. n. 4448 del 25.2.14).

Alla luce di quanto detto e, in risposta ai quesiti da Lei formulati, le repliche alla CTU dovranno avvenire entro l’udienza del 31.05.2018, ossia entro l’udienza fissata dal giudice a seguito del deposto della CTU. Potrà far valere le sue osservazioni alla CTU e chiedere chiarimenti o integrazioni attraverso un’istanza al Giudice, da depositare prima della citata udienza del 31.05.2018, oppure eccependo il tutto direttamente in udienza con osservazioni da dedurre nel verbale di udienza.
Rimane comunque il giudice a decidere se dare corso alla richiesta di chiarimenti o se disporre integrazioni o rinnovare la consulenza.

Quanto al compenso del CTU si evidenzia quanto segue.
Alla fine del suo mandato, il consulente redige un’istanza ove calcola i suoi onorari e le spese sostenute. Poi è il giudice che decide l’effettivo compenso, emettendo un decreto di liquidazione.
Il compenso al perito nominato dal giudice è regolato dal D.M 318/2002 intitolato “Adeguamento dei compensi spettanti ai periti, consulenti, tecnici, interpreti e traduttori per le operazioni eseguite su disposizione dell’autorità giudiziaria in materia civile e penale”.
Il citato D.M. stabilisce la misura degli onorari fissi, variabili e a tempo, tramite tabelle suddivise per materie.
Nel caso in esame, pertanto, riteniamo che bisogna far riferimento all’art. 12 del citato decreto ministeriale secondo il quale: “Per la perizia o la consulenza tecnica in materia di verifica di rispondenza tecnica alle prescrizioni di progetto e/o di contratto, capitolati e norme, di collaudo di lavori e forniture, di misura e contabilità di lavori, di aggiornamento e revisione dei prezzi, spetta al perito o al consulente tecnico un onorario da un minimo di euro 145,12 ad un massimo di auro 970,42”.

In merito al compenso spettante al precedente CTU, la Cassazione ha stabilito che: “il diritto al compenso del consulente deve escludersi in tutti i casi in cui la sua attività non sia neppure astrattamente utilizzabile nell’ambito del processo, sia perché non conferente all’incarico a lui conferito e sia in quanto svolta con inosservanza di norme sanzionate da nullità” ( Cass. sent. n. 234/2011; Trib. Taranto sent. n. 208 del 20.01.16).
Alla luce del citato orientamento giurisprudenziale riteniamo che al consulente sostituito non vada riconosciuto alcun compenso giacché la nullità della perizia esclude l’avvenuta (valida) esecuzione delle operazioni di cui questi era stato incaricato.

In merito al terzo quesito relativo al rigetto per fumus boni iuris e periculum in mora del ricorso in opposizione con istanza di sospensione del decreto di liquidazione del CTU, riteniamo di non poter rispondere in maniera esaustiva a quanto richiesto non essendo a conoscenza né del contenuto del ricorso, né del provvedimento emesso dal giudice.


Stefano N. chiede
venerdì 23/06/2017 - Campania
“Il sottoscritto desidera porre al vs pregiato Studio una consulenza legale al presente quesito relativo ad una causa di divisione ereditaria in cui sono coinvolto in qualità di erede.
Orbene arrivati a l 31/01/2016 data in cui il ctu trasmette copia della bozza della perizia definitiva e il Giudice diede 20 giorni di tempo per fare le osservazioni, ma purtroppo le osservazioni furono trasmesse anziché sulla pec, ma per posta normale ed il ctu disse che non aveva ricevuto le mie osservazioni , quindi a partire da quella data il sottoscritto ha elaborato una controperizia, allegando alla perizia in opposizione dei certificati importanti su cui è stata elaborata la controperizia in data 27/05/17 e le dovute conclusioni in data 30/09/17 con allegati altri certificati direttamente al giudice per posta elettronica, sufficiente prima dell’udienza che doveva avvenire il 11/10/2016. Visto l’arrivo di detti documenti, il giudice decise di rinviare l’udienza al 20/06/17. Siccome i certificati allegati alle mie controperizie erano a sfavore del Ctu che dimostrava di essere corrotto al massimo, il giudice nella udienza del 20/06/17 ha sollevato il problema inerente alla validità o meno e ha minacciato di togliere i certificati dalle perizie nonostante queste siano state trasmesse dall’avvocato tramite la propria posta elettronica e presenti nel fascicolo elettronico del processo in corso, ma se il suddetto processo che è cominciato prima del 2009, anno della riforma.
Il giudice deve seguire la procedura di prima della riforma? Il giudice ha la facoltà, a suo piacimento, di invalidare documenti presenti nel fascicolo ed ignorarli nell’elaborare la sentenza anche se sono arrivati nel fascicolo in forma elettronica arrivati prima dell’udienza, ma dopo aver depositato perizia definitiva contestata con una controperizia trasmessa dall’avvocato difensore ?
Per cui dopo tanta contestazione l’udienza è sta rinviata al 01/12/17 con un contradittorio con il ctu, il quale dovrà chiarire parecchi punti ignorati nella propria perizia di cui ne è responsabile, falsificando il vero valore della massa ereditaria non trascurando di farne menzione dell’esistenza di essi.
Distinti saluti.”
Consulenza legale i 30/06/2017

Il giudice quando affida l'incarico al consulente tecnico d'ufficio, gli indica anche una cornice temporale entro la quale deve svolgere le attività che gli vengono demandate.


Visto l'art. 195 c.p.c., il Giudice individua un termine entro il quale il c.t.u. deve depositare l'esito del suo lavoro, ovverosia la relazione tecnica.
Da tale termine decorre un'ulteriore scadenza, che nel suo caso era di 20 giorni, entro il quale le parti in causa devono far avere al c.t.u. le proprie osservazioni sulla relazione stessa.


Tali osservazioni possono essere inoltrate al c.t.u. con qualsiasi mezzo, l'art. 194 c.p.c. prevede infatti che le parti nel partecipare alle operazioni peritali "possono presentare al consulente, per iscritto o a voce, osservazioni ed istanze".


Tuttavia al fine di poter dimostrare l'avvenuta trasmissione delle osservazioni, è sempre meglio utilizzare mezzi che possano attestarne l'effettivo ricevimento (ad esempio tramite una lettera raccomandata oppure tramite pec, fax ecc.), così che il c.t.u. non potrà certo negare di averle ricevute.


Dopo la trasmissione delle osservazioni il c.t.u. ha un ulteriore termine, anteriore all'udienza, per depositare in cancelleria, nel fascicolo d'ufficio, la relazione, le osservazioni delle parti ed una valutazione sulle stesse.


Dunque è il c.t.u. che provvede al deposito delle osservazioni nel fascicolo d'ufficio e non la parte interessata.


Nel suo caso, non è stato osservato il termine per il deposito delle osservazioni fissato dal Giudice, che tuttavia sembrerebbe aver disposto una proroga.


Circa l'ammissibilità del deposito tardivo, si deve osservare anzitutto che i termini individuati dal Giudice in base all'art. 195 c.p.c sono stati ritenuti dalla giurisprudenza (Cass. n° 8406/2014) sempre termini ordinatori, il che vale a dire che la loro violazione non comporta alcuna decadenza per la parte, il termine può essere sempre prorogato dal giudice prima della sua scadenza (art. 154 c.p.c.).


In secondo luogo va anche considerato che le scadenze temporali di cui all'art. 195 c.p.c. sono il risultato della riforma di cui alla Legge n.69/2009, e che la nuova disciplina si applica solamente ai giudizi instaurati dopo l'entrata in vigore della medesima e non prima (art. 55 L. n. 69/2009).
Dunque, a maggior ragione se il giudizio che la vede coinvolto è stato instaurato prima della riforma, non potrà rilevarsi la tardività del deposito delle osservazioni ed anzi il Giudice non avrebbe neanche dovuto individuare un termine per il deposito delle stesse.


In definitiva, nonostante la trasmissione delle osservazioni sia stata tardiva, esse devono comunque essere valutate dal c.t.u., tantopiù che l'udienza è stata rinviata proprio per permettergli l'analisi delle osservazioni.

Si noti però che l'art. 91 disp. att. al codice civile prevede che "il consulente non può ricevere altri scritti defensionali oltre quelli contenenti le osservazioni e le istanze di parte consentite dall'articolo 194 del codice", e dunque oltre alle osservazioni non è possibile presentare ulteriori scritti e/o controperizie.



Il discorso è differente per la documentazione allegata.


Il c.t.u. può avvalersi solamente della documentazione già presente nel fascicolo d'ufficio, e non può tener conto della documentazione non prodotta ritualmente nel procedimento.
Il problema dunque non attiene tanto alle modalità ed ai tempi del deposito delle osservazioni, quanto piuttosto alla possibilità di depositare documenti nuovi in un momento in cui il procedimento è già avanzato.


Infatti il processo civile è un susseguirsi di attività processuali scandito da termini perentori che delimitano altrettante fasi processuali ben distinte, tutte orientate al conseguimento del risultato finale (la decisione della controversia).
Questo implica che una volta terminata una fase, alle parti vengono precluse le attività che dovevano essere svolte proprio in quella fase e non gli è più consentito tornare indietro, altrimenti verrebbe pregiudicata l'effettiva definizione della lite.


L'attore/ricorrente deve dopositare i documenti unitamente al ricorso introduttivo del procedimento, mentre il convenuto/resistente può allegare documenti sino alla costituzione in giudizio, entro 20 giorni dalla 1^ udienza.


Dopo la 1^ udienza di comparizione delle parti, con le memorie previste e disciplinate dall'art. 183 c.p.c le parti possono ancora modificare parzialmente il cd. thema probandum, ovvero tutto ciò che c'è da provare per accertare la sussistenza od insussistenza del diritto vantato in giudizio, anche allegando altra documentazione.


Dopo questo termine, però, ciò chè è oggetto del giudizio e ciò che è oggetto di prova è definitivamente cristallizzato e non sarà più possibile introdurre nuove fonti di prova, nè allegare nuovi documenti.


Dunque le parti non possono aggirare la preclusione temporale allegando la documentazione alle osservazioni alla c.t.u. .
Il c.t.u. non può e non deve tener conto di documenti che non sono già stati inseriti nel fascicolo d'ufficio.
Così anche il Giudice non potrà e non dovrà tenere conto, nella redazione della sentenza, della documentazione irritualmente depositata.

In definitiva, le osservazioni alla relazione tecnica dovranno essere valutate dal c.t.u., il quale però dovrà non tener conto della documentazione alle stesse allegata.


Domenico P. chiede
domenica 04/09/2016 - Abruzzo
“Spettabile redazione giuridica Brocardi,
Il quesito che oggi vi sottopongo, relativo alla materia già da voi esaminata con vostre risposte del 6 e 8 luglio 2016 e correlato ai precedenti quesiti cui avete già dato risposta, concerne un ulteriore aspetto civilistico inerente la causa civile in corso.
Il giudice istruttore, il 14 aprile 2016, dopo aver disposto Consulenza Tecnica e posto i quesiti al CTU, ha fissato una udienza per la Precisazione delle Conclusioni al 16 ottobre 2017.
Ora, dopo le osservazioni alla Bozza di CTU, con il deposito della relazione finale, ci troviamo nella necessità di dover chiedere una udienza o l'anticipazione dell'udienza (quella del 16/10/2017) perchè a nostro giudizio il CTU non ha risposto a tutti i quesiti posti dal Giudice e prendendo in esame soltanto tre tra vizi e difetti dei 23 lamentati dalla parte attrice, asserendo che gli altri sono modifiche a discrezione della Direzione Lavori e non li ha menzionati. Vorremmo chiedere la sostituzione del CTU e nella peggiore delle ipotesi il rinnovo delle indagini.
Ora, dopo una brevissima premessa,
1) Premessa
Prima della citazione, la committenza aveva in precedenza richiesto ed ottenuto un accertamento tecnico preventivo che a causa della negligenza ed imperizia del CTU nominato, è stata costretta a contestare e rifiutare la relativa CTU sia durante l'ATP che con la citazione e a richiederne una nuova.
In particolare, durante l'ATP, oltre alle varie negligenze tecniche, il CTU non aveva voluto condividere un piano di prove con la committenza sulla resistenza del calcestruzzo posto in opera, mediante prove distruttive (estrazione di carote di calcestruzzo e schiacciamento delle stesse con presse misuratrici di resistenza) e non, talché sia la committenza che il CTU avevano svolto prove per proprio conto. Quelle della committenza hanno dato dati di resistenza inferiori ai minimi di legge mentre quelle del CTU hanno dato risultati di resistenza addirittura superiori alle resistenze dei provini cubici prelevati a bocca di betoniera durante i getti e stagionati a umidità e temperatura costanti. Le prove svolte dal CTU si sono poi rivelate incomplete ed inaffidabili tanto che, benchè autorizzate dal giudice, il CTU non ne ha richiesto la liquidazione al Tribunale (parliamo di euro 4800,00 oltre iva) e benchè il giudice avesse liquidato la parcella del CTU (parliamo di oltre 6000,00 euro) a distanza di tre anni nulla è stato ancora richiesto alla committenza.
Nella citazione e nella memoria del 2° termine art. 183 – 6 comma, abbiamo chiesto che l'accertamento dei vizi e difetti avvenisse sulla base della relazione tecnica di un ingegnere, sulla documentazione fotografica e sui progetti, documenti questi già versati in atti di causa e nella disponibilità del CTU.
Una controparte, con le memorie istruttorie aveva chiesto al giudice che venisse acquisito agli atti L'ATP ma, il giudice non ne ha tenuto conto.

Si chiede a codesta spettabile redazione:
2) Il CTU non ha proceduto ad accertare vizi e difetti nei luoghi di causa ed alla presenza delle parti ed in contraddittorio tra di esse. E' conforme alle norme di legge un simile procedimento?
3) La nomina del CTP dell'appaltatore non è stata ritualmente depositata in cancelleria e decretata, ma nominato soltanto a voce nel primo sopralluogo. Quando questo deve esser fatto presente e quale articolo del c.p.c. deve farsi riferimento?
4) Per l'insufficiente resistenza del calcestruzzo il CTU, benchè investito dal giudice di verifiche ed accertamenti, non ha ritenuto procedere a ulteriori indagini sulla resistenza del calcestruzzo basandosi su quelle svolte dal CTU dell'ATP. E' normale una simile procedura anche alla luce dell'art. 698 – II° comma c.p.c.?
5) Si puo richiedere una udienza ad hoc soltanto per contrastare la CTU?
6) Se si deve necessariamente chiedere l'anticipazione dell'udienza del 16.10.2017 fissata per la precisazione delle conclusioni per contrastare la sola CTU, c'è il rischio che poi possano essere precluse altre doglianze?
Cosa si richiede in questi casi e a quale articolo del c.p.c deve farsi riferimento?


Consulenza legale i 15/09/2016
In ordine alla domanda n. 2, si osserva che in base all’art. 194 del cod. proc. civ., “(…) Anche quando il Giudice dispone che il consulente compia indagini da sé solo, le parti possono intervenire alle operazioni in persona e a mezzo dei propri consulenti tecnici e dei difensori, e possono presentare al consulente, per iscritto o a voce, osservazioni e istanze.”; l’art. 90 delle disposizioni di attuazione al codice di procedura civile, poi, stabilisce: “Il consulente tecnico che, a norma dell'articolo 194 del codice, è autorizzato a compiere indagini senza che sia presente il giudice, deve dare comunicazione alle parti del giorno, ora e luogo di inizio delle operazioni, con dichiarazione inserita nel processo verbale d'udienza o con biglietto a mezzo del cancelliere.
Il consulente non può ricevere altri scritti defensionali oltre quelli contenenti le osservazioni e le istanze di parte consentite dall'articolo 194 del codice.
In ogni caso deve essere comunicata alle parti avverse copia degli scritti defensionali”; infine, l’art. 91 delle disp. att. c.p.c., recita “Nella dichiarazione di cui all'articolo 201 primo comma del codice deve essere indicato il domicilio o il recapito del consulente della parte.
Il cancelliere deve dare comunicazione al consulente tecnico di parte, regolarmente nominato, delle indagini predisposte dal consulente d'ufficio, perché vi possa assistere a norma degli articoli 194 e 201 del codice”.

Non è propriamente corretto, quindi, affermare che il consulente abbia l’obbligo di svolgere le operazioni peritali alla presenza delle parti: egli ha piuttosto quello di avvisarle di giorno, luogo ed ora in cui queste si svolgeranno.
Se ciò, nel caso di specie, non sia stato fatto, il CTU potrà essere ricusato.

In ordine alla domanda n. 3, l’art. 201 cod.proc.civ. tratta della nomina del CTP: “Il giudice istruttore, con l'ordinanza di nomina del consulente, assegna alle parti un termine entro il quale possono nominare, con dichiarazione ricevuta dal cancelliere, un loro consulente tecnico”. Non è conforme a procedura, quindi, la nomina solamente orale, senza successivo formale deposito della dichiarazione in cancelleria.
L’irregolarità potrà essere fatta valere (non esiste, in ogni caso, una norma procedurale specifica sul punto) nella prima difesa utile, che coinciderà già – ad avviso di chi scrive – con il verbale di inizio delle operazioni peritali, nel quale la parte che vuole contestare la nomina irregolare del CTP avversario dovrà far presente, appunto, la circostanza; la contestazione, poi, dovrà essere rinnovata/richiamata sia in sede di osservazioni di parte alla bozza di CTU che, ovviamente, alla prima udienza davanti al Giudice, normalmente quella deputata all’esame della relazione peritale.

Per quanto riguarda la domanda n. 4, a rigore il CTU non ha omesso di rispondere al quesito del Giudice sul punto della resistenza del calcestruzzo, ma si è limitato – anziché svolgere direttamente delle indagini – a richiamare gli esiti di quelle già effettuate nella precedente fase preventiva, perché ritenute evidentemente valide.

Ora, il richiamo all’art. 698 cod. proc. civ. è senz’altro pertinente, con la precisazione, tuttavia, che esso si riferisce propriamente al comportamento processuale delle parti e non del CTU. E’ altrettanto, vero, tuttavia, che il CTU deve limitarsi, per svolgere il suo incarico e quindi per rispondere al quesito peritale, all’esame del fascicolo/fascicoli di causa e non può utilizzare documenti “estranei” al processo.
Sul punto si è a lungo dibattuto tra gli studiosi, e c’è chi ritiene che in realtà la regola non sia così rigida e che – beninteso con l’autorizzazione del Giudice – il CTU possa anche procurarsi documenti che le parti non hanno prodotto in causa, se ciò non interferisca con gli oneri probatori delle parti stesse (nel senso che il CTU non può sostituirsi a loro e non rispettare i termini massimi della produzione di documenti) e se sia indispensabile per rispondere al quesito.
Tuttavia, nel caso di specie, non si sta parlando di documenti semplici, ma di verbali di un precedente giudizio, il che porta ad escludere, ad avviso di chi scrive, la libera utilizzabilità da parte del CTU dei medesimi, costituendo altrimenti tale comportamento un modo per eludere, anche se indirettamente e per il tramite della consulenza tecnica, proprio il 698 cod. proc. civ.. Ciò, peraltro, a maggior ragione se il Giudice aveva ignorato l’analoga richiesta di produzione di una delle parti.

Sulle domande n. 5 e 6, da esaminare insieme, va detto che la richiesta di un’udienza del tipo indicato normalmente non ha alcun senso perché esiste già nella prassi un’udienza deputata allo scopo: il Giudice, infatti, solitamente nel medesimo verbale dell’udienza nella quale il CTU presta giuramento, viene formulato il quesito e si stabiliscono scadenze e termini per lo svolgimento della consulenza, fissa un'udienza successiva al deposito della perizia finalizzata proprio alle eventuali osservazioni/contestazioni delle parti alla CTU.

Tuttavia, dal quesito si desume che la fase istruttoria – e quindi anche la consulenza – sono terminate, e che risulta già fissata udienza per la precisazione delle conclusioni, ultima udienza del processo, senza che questa sia stata preceduta da un’udienza ad hoc finalizzata alla contestazioni dell’esito della CTU.

Ebbene, l’ultimo comma dell’art. 195 cod. proc. civ. recita: “La relazione deve essere trasmessa dal consulente alle parti costituite nel termine stabilito dal giudice con ordinanza resa all’udienza di cui all’articolo 193. Con la medesima ordinanza il giudice fissa il termine entro il quale le parti devono trasmettere al consulente le proprie osservazioni sulla relazione e il termine, anteriore alla successiva udienza, entro il quale il consulente deve depositare in cancelleria la relazione, le osservazioni delle parti e una sintetica valutazione sulle stesse”. La lettera della norma non specifica in effetti se debba essere fissata un’udienza ulteriore ed intermedia prima di quella conclusiva.
E’ lecito, quindi, ritenere che anche l’udienza di precisazione delle conclusioni potrebbe essere validamente deputata ad una contestazione della CTU.
Ad avviso di chi scrive risulta, tuttavia, assolutamente opportuno tentare la richiesta – come ipotizzato nel quesito – di fissazione di un’udienza ad hoc, limitando quella di precisazione delle conclusioni al suo naturale contenuto. Non, quindi, un’istanza di anticipazione dell'udienza di precisazione conclusioni, ma di fissazione di una nuova ed ulteriore udienza, prima di quella finale.

Qualora, poi, l’istanza dovesse essere respinta, si ribadisce che ogni contestazione potrà ed anzi dovrà necessariamente essere sollevata in sede di ultima udienza.


Stefano N. chiede
mercoledì 24/08/2016 - Campania
“Come da consulenza, effettuata tempo addietro, in cui il vostro studio asseriva che, anche se veniva detto verbalmente, in un incontro peritale per una divisione ereditaria, è obbligo del CTU verificare quanto detto verbalmente o ignorarlo ? Gentilmente mi potreste scrivere la normativa che regola ciò.
La richiesta di contraddittorio con il CTU va fatto in sede di giudizio oppure già può essere inoltrata adesso insieme ad una perizia del CTP, avendo il giudice fissato la sede di giudizio il giorno 11/10/2016 ?
La ringrazio in anticipo per la risposta.”
Consulenza legale i 30/08/2016
Per rispondere al quesito le principali norme che è opportuno richiamare, tra quelle del codice di procedura civile che disciplinano la consulenza tecnica nel corso del giudizio, sono l’art. 194, per il quale: “(…) Anche quando il giudice dispone che il consulente compia indagini da sé solo, le parti possono intervenire alle operazioni in persona e a mezzo dei propri consulenti tecnici e dei difensori, e possono presentare al consulente, per iscritto o a voce, osservazioni e istanze” ed il successivo art. [[n195]] c.p.c., per cui “Delle indagini del consulente si forma processo verbale, quando sono compiute con l'intervento del giudice istruttore, ma questi può anche disporre che il consulente rediga relazione scritta.
Se le indagini sono compiute senza l'intervento del giudice, il consulente deve farne relazione, nella quale inserisce anche le osservazioni e le istanze delle parti.
La relazione deve essere trasmessa dal consulente alle parti costituite nel termine stabilito dal giudice con ordinanza resa all’udienza di cui all’articolo 193. Con la medesima ordinanza il giudice fissa il termine entro il quale le parti devono trasmettere al consulente le proprie osservazioni sulla relazione e il termine, anteriore alla successiva udienza, entro il quale il consulente deve depositare in cancelleria la relazione, le osservazioni delle parti e una sintetica valutazione sulle stesse”, norme che garantiscono il rispetto del principio del contraddittorio tra le parti.

La relazione del consulente deve avere un certo contenuto, ovvero – oltre all’oggetto o al quesito posto dal Giudice – deve contenere la descrizione dell’attività svolta, le valutazioni tecniche, le ragioni di tali valutazioni, infine dar conto delle osservazioni e delle istanze delle parti, anche se per la giurisprudenza non è necessaria la trascrizione di queste ultime.

Pertanto, non incorre in alcuna ipotesi di nullità la perizia che non contenga la trascrizione delle osservazioni formulate dalle parti o dai loro consulenti tecnici, essendo sufficiente che tali osservazioni siano prese in considerazione (Cassazione civile, sez. lav., 19/11/2001, n. 14489).

Si noti bene che quest’ultimo costituisce un obbligo per il CTU, per cui, per rispondere alla prima delle domande di cui al quesito, quest’ultimo non può ignorare le osservazioni di parte formulate verbalmente dal CTP nel corso di una riunione peritale tra consulenti: “In tema di consulenza tecnica, circostanza essenziale è che i consulenti tecnici di parte partecipino alle operazioni peritali ed abbiano la possibilità di esprimere il loro parere, indipendentemente dalle modalità con cui ciò avviene” (Cassazione civile, sez. VI, 23/06/2011, n. 13892).

Non è propriamente corretto, in realtà, affermare che il CTU abbia l’obbligo, come scritto nel quesito, di “verificare” quanto detto verbalmente dalle parti e/o dai loro consulenti: piuttosto, è giusto dire che il CTU ha il dovere di non ignorarle, anche se non necessariamente di riportarle nella propria relazione: “tenerne conto” significa che nella perizia finale egli dovrà necessariamente evidenziare al Giudice le posizioni delle parti e soprattutto spiegare i motivi per cui non ne abbia tenuto conto.

Ciò si evince dagli articoli citati non solo in forza del principio del contraddittorio da essi sancito, ma soprattutto dal tipo di “procedimento” descritto dall’ultimo comma dell’art. 195 c.p.c., che così si conclude “relazione e il termine, anteriore alla successiva udienza, entro il quale il consulente deve depositare in cancelleria la relazione, le osservazioni delle parti e una sintetica valutazione sulle stesse”.

Non è ben chiaro cosa si intenda, nel quesito, per richiesta di “contraddittorio” con il CTU.
Se la domanda riguarda l’individuazione del momento in cui poter interloquire con il CTU, presentando osservazioni critiche nei confronti delle sue indagini o delle conclusioni cui è giunto - al di là dei singoli incontri peritali cui partecipano tutti i consulenti di parte e nel corso dei quali è evidentemente possibile interloquire - la sede a ciò deputata è la prima udienza successiva al deposito della perizia.

E’ pur vero, tuttavia, che ciò può anche essere fatto per iscritto, attraverso le osservazioni che le parti possono presentare alla bozza di perizia trasmessa dal CTU prima dell’elaborato finale (secondo il procedimento previsto dal già citato 2° comma dell’art. 195 c.p.c.) e quindi prima della successiva udienza destinata nello specifico alla discussione in merito alla perizia depositata.

Rita chiede
martedì 08/02/2011

“In quanto tempo un Giudice deve emettere la sentenza dopo che gli avvocati hanno depositato le seconde e ultime repliche? Grazie.”

Consulenza legale i 16/02/2011

Ai sensi dell'art. 275 del c.p.c., "rimessa la causa al collegio, la sentenza è depositata in cancelleria entro sessanta giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle memorie di replica di cui all'art. 190 del c.p.c.". Il d.lgs. 51/1998 ha però espressamente abrogato l'art. 120 disp. att., che prevedeva il termine più breve di 30 gg per il deposito della sentenza. In ogni caso, nell'interpretazione giurisprudenziale costante, la violazione del principio dell'immediatezza della decisione, determinata dall'essere trascorso un notevole lasso di tempo tra l'udienza di discussione e la deliberazione con conseguente violazione dell'art. 120 disp. att., costituiva mera irregolarità, ma non era causa di inesistenza o nullità della sentenza. Anche secondo la giurisprudenza più recente, non sussiste più un termine procedurale per il deposito della sentenza nel giudizio ordinario.
Si auspica comunque che venga rispettato il fondamentale principio della ragionevole durata del processo, costituzionalmente garantito dall'art. 111 Cost. al fine di conferire certezza ai rapporti giuridici dedotti in giudizio e di assicurare l'imparziale tutela degli interessi delle parti.


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