Cassazione civile Sez. Lavoro sentenza n. 19558 del 13 settembre 2006

(3 massime)

(massima n. 1)

Il licenziamento intimato nel corso o al termine del periodo di prova, avendo natura discrezionale, non deve essere motivato, salvo che la motivazione sia imposta, a tutela del lavoratore, dalla contrattazione collettiva. Tuttavia, in nessun caso lo stesso obbligo di motivazione può comportare la configurabilità dell'onere del datore di lavoro di provare la giustificazione del proprio recesso dal rapporto di lavoro in prova, in quanto ne risulterebbe la omologazione integrale al rapporto di lavoro definitivo, in palese contrasto con il sistema normativo costituito dall'art. 2096 c.c. e dagli artt. 5 e 10 della legge n. 604 del 1966.

(massima n. 2)

La mancata prestazione lavorativa sospende il decorso del periodo di prova di cui all'art. 2096 c.c., in quanto preclude alle parti, sia pure temporaneamente, la sperimentazione della reciproca convenienza del contratto di lavoro, che costituisce la causa del patto di prova, a prescindere dalle previsioni del contratto collettivo che, in ipotesi, limitino la sospensione del periodo di prova soltanto ad alcune cause di sospensione della prestazione lavorativa. Tale principio si applica anche ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche che, dopo la privatizzazione, «sono disciplinati dalle disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice civile e delle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa», fatte salve le diverse disposizioni contenute nel D.lgs. sul pubblico impiego, n. 165 del 2001. (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto legittimo il recesso del Ministero della Giustizia da un rapporto di lavoro in prova, recesso esercitato individuando il termine finale del periodo di prova aggiungendo ai sei mesi dalla data di immissione in servizio, tutti i giorni di assenza per malattia, ferie e permesso ascrivibili a cause di sospensione tutelata dal rapporto).

(massima n. 3)

Nelle pubbliche amministrazioni, la funzione di promuovere e resistere alle liti rientra tra quelle affidate dal D.lgs. n. 165 del 2001 ai dirigenti di uffici dirigenziali generali. Tale attribuzione, che comporta anche il potere di conferire procura alle liti, non è derogata - in difetto di qualsiasi previsione in tal senso - dalla successiva istituzione dell'ufficio per la gestione del contenzioso del lavoro e dalla attribuzione a tale ufficio (ai sensi dell'art. 1 2 del D.lgs. citato) di detta funzione (e del connesso potere), sia pure limitatamente al contenzioso del lavoro. Né, allorquando la procura provenga dal dirigente di uffici dirigenziali generali, sussiste alcun limite relativo alla sede in cui presta servizio il dipendente delegato a rappresentare l'amministrazione - sia pure limitatamente al giudizio di primo grado - nelle controversie relative ai rapporti di lavoro privatizzati e come tali devoluti alla giurisdizione del giudice ordinario.

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