Cassazione civile Sez. Lavoro sentenza n. 8204 del 23 maggio 2003

(1 massima)

(massima n. 1)

È danno biologico risarcibile (inteso come danno conseguenza rispetto al danno evento della lesione) la perdita per il danneggiato di utilità dell'esistenza determinata dalla lesione del bene della salute, mentre non costituisce danno biologico la lesione diretta del bene della vita (indipendentemente da quell'intervallo di tempo che pur sempre, anche se minimo, intercorre tra la causa della morte e la morte stessa), cosicché, perché sia ipotizzabile un danno biologico, risarcibile agli eredi "iure hereditatis" (essendo esso pur sempre una perdita nel patrimonio del defunto delle utilità economiche che gli spettavano a compensazione delle minorazioni subite), occorre che tra la lesione e la morte sia intercorso un lasso di tempo sufficiente affinché si concretizzi quella perdita di utilità fonte dell'obbligazione risarcitoria, atteso che solo in tal caso nasce nel patrimonio del defunto il diritto di credito. La valutazione della entità del danno, in siffatta
ipotesi, viene correttamente commisurata alla speranza di vita futura, e quindi alla durata della vita media, restando priva di rilievo la durata effettiva della vita, in quanto il rilievo accordato a tale ultima circostanza si porrebbe in contrasto, sotto il profilo logico-giuridico col carattere non patrimoniale del danno di cui trattasi, consistente nel quantum di menomazione dell'integrità psicofisica, giacché è solo la perdita patrimoniale che va calcolata in relazione alla incidenza sulla capacità di produrre reddito in futuro.

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