Cassazione civile Sez. III sentenza n. 3357 del 11 febbraio 2009

(3 massime)

(massima n. 1)

Il vizio di omessa pronuncia che determina la nullità della sentenza per violazione dell'art. 112 c.p.c., rilevante ai fini di cui all'art. 360, n. 4 dello stesso codice, si configura esclusivamente con riferimento a domande, eccezioni o assunti che richiedano una statuizione di accoglimento o di rigetto, e non anche in relazione ad istanze istruttorie (come quella di ammissione di una c.t.u.) per le quali l'omissione è denunciabile soltanto sotto il profilo del vizio di motivazione.

(massima n. 2)

La sentenza di condanna generica pronunciata nel corso di un giudizio di risarcimento del danno aquiliano di norma presuppone il positivo accertamento del nesso di causalità cosiddetta "materiale" ("ex" art. 40 c.p.) tra la condotta e l'evento produttivo di danno, sicché nel successivo giudizio sul "quantum" resta da accertare soltanto il nesso di causalità cosiddetta "giuridica" ("ex" art. 1223 cod. civ.) tra l'evento di danno ed i pregiudizi che ne sono derivati.

(massima n. 3)

Nella liquidazione del danno non patrimoniale derivante dalla morte di un prossimo congiunto occorre di norma tenere conto dell'età della vittima, giacché tanto maggiore sarà quest'ultima, tanto minore sarà il periodo di tempo per il quale verosimilmente si protrarrà l'anticipata sofferenza dei congiunti. Tuttavia tale regola non è inderogabile, in quanto il giudice di merito - con motivato apprezzamento delle circostanze concrete - ben può ritenere che le ridotte speranze di vita della vittima, a causa di patologie patite già prima del fatto illecito, non abbiano influito sull'entità del danno non patrimoniale sofferto dai superstiti, come nel caso in cui quest'ultimo sarebbe andato comunque scemando col tempo, fino a svanire, anche nell'ipotesi in cui la vittima al momento della morte avesse avuto una speranza di vita pari a quella media considerata dalle tabelle in uso presso i vari uffici giudiziari.

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