Cassazione civile Sez. III sentenza n. 28423 del 28 novembre 2008

(4 massime)

(massima n. 1)

Il danno non patrimoniale derivante dalla perdita di un prossimo congiunto non si identifica con la sofferenza psichica transeunte, ma comprende tutti i pregiudizi non patrimoniali derivati dal fatto illecito. Ne consegue che la liquidazione di un danno definito "morale" e derivante da morte del prossimo congiunto, effettuata dal giudice di merito prima della sentenza n. 26972 del 2008 delle Sezioni Unite (con la quale, sopendo i precedenti contrasti, si è stabilito che il danno non patrimoniale ha natura omnicomprensiva e non limitata alla sofferenza psichica transeunte), non è censurabile in sede di legittimità sotto il profilo della omessa liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale, se non risulti in modo inequivoco che attraverso essa il giudice di merito abbia inteso risarcire unicamente la sofferenza morale transeunte.

(massima n. 2)

In caso di morte che segua le lesioni dopo breve tempo, la sofferenza patita dalla vittima durante l'agonia è autonomamente risarcibile non come danno biologico, ma come danno morale jure haereditatis, a condizione però che la vittima sia stata in condizione di percepire il proprio stato, mentre va esclusa anche la risarcibilità del danno morale quando all'evento lesivo sia conseguito immediatamente lo stato di coma e la vittima non sia rimasta lucida nella fase che precede il decesso. (Nella fattispecie a causa di un grave incidente stradale la vittima aveva perso la vita quaranta ore dopo il sinistro e non era stata fornita la prova del suo stato di lucidità nella breve frazione temporale di sopravvivenza).

(massima n. 3)

In tema di liquidazione del danno non patrimoniale (nella specie, da morte del prossimo congiunto), la necessità per il giudice di merito di tener conto di tutte le circostanze del caso concreto (c.d. personalizzazione del risarcimento) non significa affatto che il giudice debba sempre e comunque aumentare i valori risultanti dalle eventuali tabelle adottate dall'ufficio giudiziario cui appartiene, ma significa che tale variazione equitativa è necessaria solo in presenza di situazioni di fatto che si discostino in modo apprezzabile da quelle ordinarie.

(massima n. 4)

La morte di un prossimo congiunto può causare nei superstiti sia una sofferenza morale per la perdita del rapporto parentale, sia un danno biologico vero e proprio. Quest'ultimo pregiudizio tuttavia sussiste solo in presenza di una effettiva compromissione dello stato di salute fisica o psichica di chi lo invoca, la quale deve essere specificamente allegata con l'atto introduttivo del giudizio.

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