Cassazione civile Sez. Lavoro sentenza n. 4980 del 8 marzo 2006

(2 massime)

(massima n. 1)

A norma dell'art. 2043 c.c., ai prossimi congiunti di un soggetto, deceduto in conseguenza del fatto illecito addebitabile ad un terzo (come nel caso di morte del lavoratore dovuta ad infortunio sul lavoro imputabile al datore di lavoro), compete il risarcimento del. danno anche patrimoniale, purché sia accertato in concreto che i medesimi siano stati privati di utilità economiche di cui già beneficiavano e di cui, presumibilmente, avrebbero continuato a beneficiare in futuro. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che, con accertamento di merito non censurabile in sede di legittimità in quanto congruamente motivato, aveva ritenuto raggiunta la prova che la ricorrente non era a carico del figlio deceduto a seguito dell'infortunio, per cui, in difetto del riscontro che ella fosse stata privata di utilità economiche di cui già beneficiava, non poteva presumersi che in futuro la stessa ricorrente avrebbe ricevuto dal figlio, ove questi fosse rimasto in vita, una somma superiore a quella occorrente al proprio mantenimento, né tale presunzione si sarebbe potuta fondare sul mero dato della convivenza).

(massima n. 2)

Il danno morale, per la sua natura, è collegato intimamente alla entità ed intensità della sofferenza, sicché qualunque criterio di liquidazione, puramente equitativo o tabellare, deve essere «personalizzato» ed adeguato al caso concreto; inoltre, con riguardo anche a tale tipo di danno derivante da infortunio sul lavoro, la valutazione da compiere in sede giudiziale in funzione della liquidazione non può essere astratta o meramente simbolica, dovendosi, invece, tener conto delle concrete modalità dell'infortunio e della gravità della colpa del datore di lavoro, nonché delle conseguenze psichiche permanenti, eventualmente individuate anche in virtù di apposita consulenza medico-legale.

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