Cassazione civile Sez. I sentenza n. 1883 del 13 maggio 1977

(4 massime)

(massima n. 1)

Ai sensi dell'art. 1897 c.c., la diminuzione del rischio può portare alla riduzione del premio dovuto all'assicuratore solo se sia di consistenza tale che, ove conosciuta al momento della conclusione del contratto, avrebbe portato alla stipulazione di un premio minore, e sia stata comunicata all'assicuratore prima della scadenza del premio medesimo.

(massima n. 2)

In tema di assicurazione sulla vita, la norma dettata dall'art. 1924 secondo comma c.c., secondo la quale il mancato pagamento dei premi successivi al primo, nel termine prescritto dalla polizza, o, in difetto, nel termine di venti giorni dalla scadenza, comporta la risoluzione di diritto del contratto, non è compresa nell'elenco delle disposizioni derogabili solo in senso più favorevole all'assicurato, fissato dall'art. 1932 c.c. Pertanto, è valida la clausola di polizza che deroghi all'indicata disposizione, regolando gli effetti del mancato pagamento dei premi secondo i principi generali posti dall'art. 1901 c.c. (risoluzione di diritto solo nel caso in cui l'assicuratore non agisca per la riscossione dei premi entro sei mesi dalle relative scadenze). Un tale patto non è riconducibile fra quelli onerosi o vessatori, di cui all'art. 1341 secondo comma c.c., e, quindi, ove contenuto in condizioni generali di contratto, non richiede una specifica approvazione per iscritto.

(massima n. 3)

L'art.1919 secondo comma c.c., nel subordinare la validità dell'assicurazione sulla vita, contratta per il caso di morte di un terzo, al consenso scritto del medesimo, si riferisce all'ipotesi in cui quest'ultimo si venga a trovare nella posizione di mero portatore del rischio, mentre i benefici del contratto assicurativo spettino esclusivamente allo stipulante o a persona da questo designata. Tale norma, pertanto, ancorché applicabile analogicamente all'assicurazione contro gli infortuni mortali di un terzo, non è invocabile nell'ipotesi in cui al terzo stesso, od a persona da lui designata, spettino i diritti derivanti da detto contratto assicurativo. In questo caso, si verte in tema di assicurazione per conto altrui, la cui validità prescinde dal consenso del «terzo», che in tale ipotesi è in realtà il soggetto assicurato (ai sensi dell'art. 1891 c.c.) e non quindi un mero portatore del rischio (ai sensi dell'art. 1919 secondo comma c.c.).

(massima n. 4)

La norma di cui all'art. 1924 secondo comma c.c., che prevede la risoluzione di diritto dell'assicurazione sulla vita, per il caso di mancato pagamento dei premi successivi al primo, non è applicabile all'assicurazione privata contro gli infortuni, la quale è soggetta alla disciplina generale dettata dall'art. 1901 c.c., e, quindi, è suscettibile di risoluzione, per effetto dell'inadempimento dell'assicurato, solo nel caso in cui l'assicuratore non agisca per la riscossione dei premi entro sei mesi dalla scadenza. Infatti, il carattere eccezionale dell'indicata disposizione, che è propria ed esclusiva dell'assicurazione sulla vita in senso tecnico, non ne consente un'estensione analogica nel ramo dell'assicurazione contro gli infortuni, la quale, pur presentando con la prima alcune affinità, non può essere identificata od equiparata alla medesima.

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