Cassazione civile Sez. III ordinanza n. 5200 del 27 febbraio 2025

(1 massima)

(massima n. 1)

Il principio dell'obbligatorietà della lingua italiana, previsto dall'art. 122 c.p.c., si riferisce agli atti processuali in senso proprio (tra i quali, i provvedimenti del giudice e gli atti dei suoi ausiliari, gli atti introduttivi del giudizio, le comparse e le istanze difensive, i verbali di causa) e non anche ai documenti esibiti dalle parti; ne consegue che, qualora siffatti documenti siano redatti in lingua straniera, il giudice, ai sensi dell'art. 123 c.p.c., ha la facoltà, e non l'obbligo, di procedere alla nomina di un traduttore, della quale può farsi a meno allorché le medesime parti siano concordi sul significato delle espressioni contenute nel documento prodotto ovvero esso sia accompagnato da una traduzione che, allegata dalla parte e ritenuta idonea dal giudice, non sia stata oggetto di specifiche contestazioni della parte avversa. (Nella specie, la S.C. ha affermato la correttezza della motivazione del giudice di merito che, utilizzando la propria conoscenza della lingua inglese, aveva ritenuto idonea ad attestare il subentro di IFIS nella posizione sostanziale e processuale del precedente creditore, Banca Intesa, la documentazione prodotta in lingua inglese dalla parte appellata costituitasi in giudizio ex art. 111 c.p.c.).

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