Cassazione civile Sez. I ordinanza n. 2091 del 25 gennaio 2022

(3 massime)

(massima n. 1)

La promessa di pagamento, al pari della ricognizione di debito, non costituisce autonoma fonte di obbligazione, ma ha soltanto effetto confermativo di un preesistente rapporto fondamentale, venendo ad operarsi, in forza dell'art. 1988 c.c., un'astrazione meramente processuale della "causa debendi", comportante una semplice "relevatio ab onere probandi" per la quale il destinatario della promessa è dispensato dall'onere di provare l'esistenza del rapporto fondamentale, che si presume fino a prova contraria e che, oltre ad essere preesistente, può anche nascere contemporaneamente alla dichiarazione di promessa (o trovarsi "in itinere" al momento di questa), ma della cui esistenza o validità non può prescindersi sotto il profilo sostanziale, con il conseguente venir meno di ogni effetto vincolante della promessa stessa ove rimanga giudizialmente provato che il rapporto fondamentale non è mai sorto, o è invalido, o si è estinto, ovvero che esista una condizione ovvero un altro elemento attinente al rapporto fondamentale che possa comunque incidere sull'obbligazione derivante dal riconoscimento.

(massima n. 2)

In tema di ricognizione di debito, ove l'atto ricognitivo provenga da una pubblica amministrazione, lo stesso richiede la forma scritta "ad substantiam" e la prova della sua esistenza e del suo contenuto non può essere fornita né attraverso la confessione, né mediante la testimonianza.

(massima n. 3)

Allorquando l'atto di riconoscimento di un debito provenga da una pubblica amministrazione, l'adempimento della trasmissione dell'atto scritto di ricognizione alla Procura regionale della Corte dei Conti, prescritto dall'art. 23, comma 5, della legge n. 289 del 2002 per le pubbliche amministrazioni nei casi ivi disciplinati, integra un requisito formale e procedimentale della ricognizione di debito, che ne condiziona la validità e l'efficacia e di cui va tratta necessaria evidenza dal documento stesso, in quanto vincolato alla forma scritta, in ordine sia alla previsione dell'invio alla competente Procura regionale della Corte dei Conti che al tempestivo adempimento dell'onere stesso. (In applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha cassato la sentenza con la quale la corte d'appello aveva ritenuto, in una fattispecie di cessione del credito, che fosse onere della debitrice ceduta provare il mancato adempimento della trasmissione ex art. 23, comma 5, della legge n. 289 del 2002, invocando anche il principio di vicinanza della prova, e non, invece, che fosse onere della creditrice cessionaria documentare di avere agito in giudizio sulla scorta di un atto connotato dalla ricorrenza dei requisiti formali e procedimentali richiesti, nella specie, per potersi avvalere della ricognizione di debito "titolata" o, in mancanza, provare il rapporto fondamentale.

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