Cassazione civile Sez. V sentenza n. 21694 del 8 ottobre 2020

(6 massime)

(massima n. 1)

In tema di imposte sui redditi, il meccanismo delineato dall'art. 54, comma 8, T.U.I.R. (nel testo applicabile "ratione temporis"), relativamente ai redditi derivanti dall'utilizzazione economica, da parte dell'autore o inventore (nella specie cantante), di opere dell'ingegno, qualora non conseguiti nell'esercizio di imprese commerciali, non attribuisce alcun beneficio fiscale, ma individua in maniera predeterminata la base imponibile dell'imposta, corrispondendo la prevista riduzione percentuale del 25 o 40 per cento ad una forfettizzazione delle spese che, mirando a favorire le attività artistiche, nell'assunto che molte spese non sono agevolmente documentabili, osta alla deduzione analitica dei costi sostenuti dall'autore per la realizzazione dell'opera, anche se regolarmente documentati; pertanto, tale previsione, siccome non introduce un beneficio, trova applicazione a prescindere dal comportamento del contribuente, a nulla rilevando che il suo reddito sia stato percepito interponendo un soggetto fittizio (nella specie tre società estere la cui totalità o maggioranza delle attività, del giro d'affari e dei proventi erano sovrapponibili a quelli del contribuente).

(massima n. 2)

In tema di violazioni in materia di IVA, in relazione agli illeciti penal-tributari di cui al Titolo II D.Lgs. n. 74 del 2000 va escluso che il procedimento amministrativo sanzionatorio debba essere dichiarato improcedibile in ragione dell'intervenuta sentenza penale irrevocabile di assoluzione ancorché pronunciata con l'ampia formula "perché il fatto non sussiste", la quale determina l'ineseguibilità definitiva della sanzione tributaria, ferma la necessità di accertare, in concreto, nel giudizio avente ad oggetto l'eventuale riscossione avviata dall'Ufficio, l'identità del "fatto" rispetto agli elementi costitutivi sia dell'illecito amministrativo tributario che della corrispondente fattispecie incriminatrice.

(massima n. 3)

In tema di violazioni in materia di IVA, è producibile in cassazione ex art. 372 c.p.c. la sentenza penale irrevocabile di assoluzione, relativa ai medesimi fatti oggetto della sanzione tributaria controversa, ove il contribuente intenda far valere l'improcedibilità, l'improponibilità o, comunque, l'estinzione, in tutto o in parte, del giudizio tributario per violazione - pur dedotta per la prima volta in sede di legittimità e sempreché pertinente alle questioni ritualmente in giudizio - di principi di ordine pubblico unionale (nella specie, del "ne bis in idem"); diversamente, tale produzione non è ammissibile ai fini delle contestazioni in materia di imposte dirette, per le quali non viene in rilievo l'esigenza di effettività del diritto unionale.

(massima n. 4)

I compensi per diritti discografici sono soggetti ad IRAP, qualora ricorra il presupposto impositivo dell'autonoma organizzazione, nonché ad IVA, in quanto venga in rilievo la cessione di diritti (o beni similari a quelli) d'autore verso corrispettivo e, dunque, una prestazione di servizi che, in quanto tale, è operazione imponibile; sono fuori campo IVA, invece, le cessioni relative ai diritti d'autore in senso stretto operate dall'autore (o dai suoi eredi), salvo che riguardino disegni, opere di architettura o dell'arte cinematografica.

(massima n. 5)

In tema di sanzioni tributarie in materia di IVA, è irrilevante e manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 649 c.p.p., nella parte in cui non prevede l'impossibilità di instaurare o di proseguire un procedimento amministrativo volto all'irrogazione di una sanzione penale formalmente amministrativa ma avente natura sostanzialmente penale, per violazione dell'art. 117 Cost., in relazione all'art. 4 Prot. n. 7 CEDU, in quanto il rapporto tra il suindicato procedimento amministrativo ed il processo penale trova una specifica disciplina negli artt. 19 e 21 del D.Lgs. n. 74 del 2000.

(massima n. 6)

In tema d'imposte sui redditi, ai sensi del combinato disposto degli artt. 2 T.U.I.R. e 43 c.c., deve considerarsi soggetto passivo il cittadino italiano che, pur risiedendo all'estero, stabilisca in Italia, per la maggior parte del periodo d'imposta, il suo domicilio, inteso come la sede principale degli affari ed interessi economici nonché delle relazioni personali, come desumibile da elementi presuntivi ed a prescindere dalla sua iscrizione nell'AIRE.

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