Cassazione civile Sez. I sentenza n. 10065 del 25 giugno 2003

(2 massime)

(massima n. 1)

L'art. 110 c.p.c., secondo il quale, in caso di morte di una parte, il processo è proseguito dal successore universale o nei suoi confronti, esaurisce i propri effetti nella sfera processuale e non si estende fino alla creazione di una legittimazione sostanziale esclusa dalla specifica disciplina del rapporto in contestazione. Ne deriva che, in tema di azione di divorzio — dove il decesso di uno dei coniugi, sopravvenuto nel corso del relativo processo, determina lo scioglimento del matrimonio per altra causa, precludendo il diritto ad ottenere il bene della vita richiesto in via giudiziale (cessazione degli effetti civili del matrimonio) —, detta norma non vale a radicare la legitimatio ad processum del successore a titolo universale nei confronti del coniuge superstite, non verificandosi alcuna successione nel diritto e nel rapporto per l'intrinseca intrasmissibilità della situazione soggettiva correlativa.

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(massima n. 2)

L'azione di divorzio (ossia il potere di proporre la domanda correlativa e di resistere all'avverso gravame contro la sentenza che l'abbia accolta) ha natura personalissima e non è trasmissibile agli eredi, che restano legittimati a stare nel processo solo in ordine a quel diritto od a quegli obblighi di carattere economico inerenti al patrimonio del loro dante causa, che siano stati dedotti eventualmente in connessione con l'istanza di divorzio e che siano stati, quindi, già acquisiti al suo patrimonio prima della morte. Pertanto — una volta intervenuto, dopo la notifica dell'atto di appello avverso la sentenza parziale di divorzio, il decesso del coniuge, che aveva proposto la relativa domanda — è inammissibile, nel giudizio dinanzi alla Corte d'appello, la costituzione di chi, accampando la propria qualità di erede, miri, non già a far valere diritti, o contestare obbligazioni, di contenuto patrimoniale, già entrati nel patrimonio del de cuius prima del suo decesso (e suscettibili, perciò, di trasmissione iure hereditario), ma a coltivare, con resistenza al gravame interposto dalla controparte, l'azione di divorzio già esercitata dal defunto, ed a far così risalire a tale causa, e non al sopravvenuto decesso, lo scioglimento del di lui matrimonio con l'appellante.

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