Cassazione civile Sez. I sentenza n. 5259 del 7 maggio 1993

(1 massima)

(massima n. 1)

Con riguardo a sentenza di divorzio, resa dal tribunale anteriormente all'entrata in vigore della L. 6 marzo 1987, n. 74, l'appello, ai sensi della disposizione transitoria dell'art. 23, terzo comma di detta legge, è regolato dalla disciplina della legge stessa e quindi, ai sensi dell'art. 8 di essa, nella parte in cui sostituisce l'art. 4, dodicesimo comma della L. 1 dicembre 1970, n. 898, è soggetto al rito camerale e va proposto con ricorso da depositarsi in cancelleria nei termini perentori di cui agli artt. 325-327 c.p.c., con la conseguenza che, in caso di proposizione dell'appello con citazione, anziché con ricorso, l'appello medesimo è da ritenersi tempestivo solo quando il deposito del relativo atto presso la cancelleria del giudice ad quem sia avvenuta nei termini suddetti, senza che all'eventuale tardività sia consentito porre rimedio con un provvedimento di rimessione in termini, sul rilievo di un errore scusabile, restando questo inammissibile con riguardo all'anzidetta fattispecie processuale, estranea alla disciplina eccezionale dell'art. 294 c.p.c., senza porsi in contrasto con precetti costituzionali.

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