Cassazione civile Sez. I sentenza n. 7249 del 27 giugno 1995

(2 massime)

(massima n. 1)

Il coniuge titolare dell'assegno di divorzio non ha diritto di conseguire una quota dell'anticipo del trattamento di fine rapporto dell'altro coniuge, ai sensi dell'art. 12 bis della L. 1 dicembre 1970, n. 898 (introdotto dall'art. 16 della L. 6 marzo 1987, n. 74), quando il coniuge obbligato, pur avendo cessato il rapporto di lavoro successivamente all'entrata in vigore della L. n. 74 del 1987, abbia percepito l'anticipo prima di tale data, atteso che il detto anticipo, previsto dall'art. 2120 c.c., nel testo riformulato dall'art. 1 della L. 29 maggio 1982, n. 297, una volta accordato dal datore di lavoro e riscosso dal lavoratore, entra nel suo patrimonio e non può più essere revocato, determinando la definitiva acquisizione del relativo diritto su cui non può incidere un eventuale mutamento della legislazione in materia.

(massima n. 2)

In tema di divorzio, il diritto di un coniuge ad una quota del trattamento di fine rapporto lavorativo percepito dall'altro coniuge, ai sensi dell'art. 12 bis della L. 1 dicembre 1970, n. 898, introdotto dall'art. 16 della L. 6 marzo 1987, n. 74, può essere attribuito con lo stesso provvedimento attributivo dell'assegno di divorzio, atteso che, se il diritto alla quota permane “anche se l'indennità viene a maturare dopo la sentenza” di divorzio, secondo il tenore letterale dell'art. 12 bis, tale diritto deve conseguentemente riconoscersi pure nel caso in cui l'indennità sia maturata prima di detta sentenza, quando ovviamente al coniuge non è stato ancora attribuito in modo definitivo (con sentenza passata in giudicato) l'assegno divorzile.

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