Cassazione civile Sez. V sentenza n. 2736 del 24 febbraio 2001

(3 massime)

(massima n. 1)

In tema di imposte sui redditi, i redditi di partecipazione societaria di un coniuge, rientrando tra i frutti civili di "beni" oggetto di comunione legale, vanno imputati, in applicazione dell'art. 4 D.P.R. 29 settembre 1973 n. 597, a ciascuno dei coniugi per metà del loro netto ammontare.

(massima n. 2)

La quota di partecipazione societaria (nella specie: di una società in accomandita semplice) acquistata da uno dei due coniugi rientra nel regime di comunione legale; pertanto, è applicabile l'art. 4, comma 1, lett. a) del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, dove è previsto che i redditi che formano oggetto della comunione legale sono imputati per metà del loro ammontare netto a ciascuno dei coniugi.

(massima n. 3)

In tema di IRPEF, l'art. 4, lett. a), secondo periodo, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (periodo aggiunto dall'art. 26 del D.L. 2 marzo 1989, n. 69, convertito nella legge 27 aprile 1989, n. 154), stabilisce chiaramente che tra i redditi suddivisi tra i coniugi in regime di comunione legale non sono compresi quelli derivanti dall'attività separata di ciascuno di essi, che vanno imputati per intero al coniuge percipiente, senza che sia possibile interpretare la norma nel senso di escluderne dall'ambito applicativo i nuclei familiari monoreddito. Né tale regime fiscale può formare oggetto di questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 29, 31 e 53 Cost., poiché la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 358 del 1995, pur avendo rilevato che l'attuale trattamento fiscale della famiglia penalizza i nuclei monoreddito, ha dichiarato l'inammissibilità di analoga questione (concernente l'art. 3 del D.P.R. n. 597 del 1973), spettando unicamente al legislatore - per la pluralità e complessità delle scelte possibili - apprestare i rimedi per il necessario ristabilimento dell'equità fiscale in materia. (rigetta, Comm. Trib. Reg. Napoli, 20 Maggio 2002)

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