Cassazione civile Sez. I sentenza n. 6974 del 21 giugno 1995

(2 massime)

(massima n. 1)

Con la domanda di revisione dell'assegno di divorzio il giudice non è chiamato a rideterminare la misura dell'assegno procedendo ad un rinnovato accertamento del diritto del coniuge beneficiario sulla scorta di tutti i temperamenti che debbono essere tenuti presenti ai fini del calcolo concreto, bensì, unicamente a valutare se siano sopraggiunte circostanze di tale portata da rendere giustificato l'adeguamento di detto assegno, in aumento o in diminuzione, ovvero la sua radicale abolizione, tenendo conto del solo profilo indennitario, sulla base di una valutazione comparativa delle condizioni economiche di entrambe le parti.

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(massima n. 2)

Il decreto con il quale la Corte di appello provvede, su reclamo delle parti, alla revisione dell'assegno di divorzio, è ricorribile per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost. solo per violazione di legge. Di conseguenza, nel caso in cui venga denunciato il vizio di motivazione, la censura è ammissibile solo quando il vizio del procedimento impugnato di traduca nella mancanza della motivazione stessa, e cioè quando si verifica una radicale carenza della medesima con la conseguente nullità del provvedimento per difetto di un requisito di forma indispensabile ai sensi dell'art. 737 c.p.c., ovvero quando essa si estrinsechi in argomentazioni del tutto inidonee a rilevare la ratio decidendi del provvedimento impugnato (motivazione apparente) o fra loro logicamente inconciliabili o comunque obiettivamente incomprensibili (motivazione perplessa), e sempre che tali vizi emergano dal provvedimento in sé, senza alcuna possibilità di verifica della sufficienza e razionalità della motivazione in relazione alle risultanze probatorie.

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