Cassazione civile Sez. II sentenza n. 11947 del 8 agosto 2003

(1 massima)

(massima n. 1)

La questione dell'applicabilità ad un determinato contratto dell'intera disciplina dell'art. 1467 c.c. sulla onerosità sopravvenuta deve essere risolta dal giudice con specifico riferimento al caso concreto ed all'azione effettivamente proposta, dovendosi, a tal fine, considerare non solo la natura e la struttura (dal punto di vista meramente classificatorio) del contratto sulla cui risoluzione si controverta, ma anche le modalità ed i tempi di adempimento delle reciproche prestazioni connesse al contratto stesso. La decisione circa la sopravvenienza e la sussistenza dell'eccessiva onerosità esige, peraltro, la risoluzione della questione — avente una propria autonomia ed individualità, per la diversità dei presupposti che formano oggetto di accertamento — della proponibilità della domanda cui è legittimato quello dei contraenti la cui prestazione sia ancora dovuta, quando questa sia divenuta eccessivamente onerosa o quando la prestazione dallo stesso contraente attesa si sia eccessivamente svilita in modo da alterare l'equilibrio economico raggiunto dalle parti al momento della conclusione del contratto. In particolare, in un contratto di compravendita con effetti immediatamente traslativi per cui debba ancora essere pagata parte del prezzo, occorre stabilire preliminarmente se la risoluzione del contratto possa essere invocata anche da quello dei contraenti che abbia già eseguito la sua prestazione essendo già avvenuti sia il trasferimento di proprietà sia la consegna della cosa, avendosi presente, in particolare, che anche nel caso di eccessiva onerosità sopravvenuta per svilimento della prestazione attesa, la prestazione di chi agisce deve, al tempo della sopravvenienza, risultare ancora in itinere (nell'affermare il principio di diritto che precede la S.C. ha ulteriormente precisato, con riferimento al caso di specie, che il giudicato implicito su tale questione può dirsi intervenuto quando essa sia stata posta e sia stata oggetto di dibattito tra le parti sia come presupposto legittimante l'azione, sia come elemento del fatto costitutivo della domanda di risoluzione, ovvero sia stata espressamente ed inequivocabilmente dedotta e decisa come eccezione in senso proprio, cioè allegata come fatto impeditivo, modificativo o estintivo della pretesa azionata, o, quantomeno, come difesa con la quale il convenuto si sia proposto di ottenere il rigetto della domanda).

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