Corte costituzionale sentenza n. 246 del 24 luglio 2009

(20 massime)

(massima n. 1)

L'autorizzazione dell'Autorità di bacino (art. 166, D.Lgs. n. 152/2006) è connessa alla funzione di difesa del suolo svolta da tale ente, perché è diretta a verificare che gli usi delle acque d'irrigazione regolati dalla norma ne consentano l'effettiva restituzione e la successiva utilizzazione. Sotto tale profilo, l'intervento autorizzatorio dell'Autorità di bacino mira a garantire la realizzazione delle finalità, riconducibili alla tutela dell'ambiente ed espresse, in particolare, dall'art. 63, c. 5, lettere b) e c), della difesa del suolo, della lotta alla desertificazione, della tutela delle acque e gestione delle risorse idriche, del controllo sull'impatto delle attività umane sullo stato delle acque (sentenza n. 232 del 2009). La disposizione attiene, dunque, alla materia della tutela dell'ambiente, di competenza legislativa esclusiva dello Stato.

(massima n. 2)

Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 135, comma 2, del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 che, per fronteggiare illeciti in violazione delle norme in materia di tutela delle acque dall'inquinamento, attribuisce compiti di sorveglianza ed accertamento al Comando carabinieri tutela ambiente, con possibilità di intervento anche del Corpo forestale dello Stato nonché della Guardia di finanza e della Polizia di Stato. Difatti, pur non avendo, la ricorrente, evocato espressamente alcun parametro costituzionale, intende evidentemente denunciare il contrasto fra la disposizione censurata e l'art. 117, quarto comma, Cost., il quale attribuisce alla potestà legislativa residuale delle Regioni la materia della polizia amministrativa locale. Tuttavia, contrariamente a quanto dedotto, un tale contrasto non sussiste, perché la disposizione censurata non attiene alla suddetta evocata materia, ma si limita ad indicare il Comando carabinieri tutela ambiente (C.C.T.A.) quale organo competente ad accertare le violazioni amministrative, senza privare delle loro competenze gli organi di polizia amministrativa locale.

(massima n. 3)

Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 136 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, che attribuisce alle Regioni di provvedere alla ripartizione delle somme riscosse fra gli interventi di prevenzione e risanamento, sollevata in relazione all'art. 119 Cost. per asserito illegittimo vincolo di destinazione del gettito delle sanzioni. È principio ripetutamente affermato dalla Corte che la disciplina delle sanzioni amministrative non costituisce una materia a sé, ma rientra nell'ambito materiale cui le sanzioni stesse si riferiscono. Nel caso di specie, la regolamentazione della destinazione del gettito delle sanzioni è funzionale alla disciplina "delle sanzioni amministrative previste dalla parte terza", e cioè alle sanzioni previste dal precedente art. 133, le quali si riferiscono a violazioni in materia di scarichi e di tutela della qualità dei corpi idrici, come tali ascrivibili alla materia della tutela dell'ambiente di competenza legislativa esclusiva dello Stato. Orbene, trattandosi di entrata statale, il potere di disporre l'immediata riassegnazione di tali somme ad individuate unità previsionali di base rientra nella competenza legislativa dello Stato; il fatto che ciò avvenga attraverso il versamento delle somme "all'entrata del bilancio regionale" non significa che queste costituiscono "risorse autonome" delle Regioni alle quali non è apponibile un vincolo di destinazione. Il versamento all'entrata del bilancio regionale costituisce, infatti, una mera appostazione contabile, al fine di realizzare la destinazione al risanamento e alla riduzione dell'inquinamento dei corpi idrici, cioè a finalità meramente ambientali. La circostanza che siano le Regioni a provvedere alla ripartizione delle somme fra gli interventi di prevenzione e di risanamento costituisce unicamente un'attribuzione di ulteriore autonomia alle Regioni stesse in una materia di esclusiva competenza legislativa statale, senza che pertanto venga in applicazione, nella specie, la giurisprudenza costituzionale in materia di fondi vincolati.

(massima n. 4)

È inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 141, comma 1, del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, per asserita violazione del principio di leale collaborazione, dato che la disposizione denunciata non è presa in considerazione nella delibera di autorizzazione alla proposizione del ricorso; sicché trova applicazione il principio, affermato dalla giurisprudenza della Corte, secondo cui la deliberazione di autorizzazione alla proposizione del ricorso deve necessariamente indicare le specifiche disposizioni che si intendono impugnare.

(massima n. 5)

Non è fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 154 e 155 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, sollevata in relazione agli artt. 117, quarto comma, e 119, primo e secondo comma, Cost. La dedotta violazione delle competenze regionali non sussiste, perché la disciplina degli artt. 154 e 155 è ascrivibile, in prevalenza, alla tutela dell'ambiente e alla tutela della concorrenza, materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato. Attraverso la determinazione della tariffa nell'ambito territoriale ottimale, il legislatore statale ha fissato, infatti, livelli uniformi di tutela dell'ambiente, perché ha inteso perseguire la finalità di garantire la tutela e l'uso, secondo criteri di solidarietà, delle risorse idriche, salvaguardando la vivibilità dell'ambiente e "le aspettative ed i diritti delle generazioni future a fruire di un integro patrimonio ambientale" e le altre finalità tipicamente ambientali individuate dagli artt. 144 (Tutela e uso delle risorse idriche), 145 (Equilibrio del bilancio idrico) e 146 (Risparmio idrico). La finalità della tutela dell'ambiente viene, inoltre, in rilievo anche in relazione alla scelta delle tipologie dei costi che la tariffa è diretta a recuperare. Tra tali costi il legislatore ha, infatti, incluso espressamente quelli ambientali, da recuperare anche secondo il principio "chi inquina paga" (art. 154, comma 2). I profili della tutela della concorrenza vengono poi in rilievo perché alla determinazione della tariffa provvede l'Autorità d'ambito, al fine di ottenere un equilibrio economico-finanziario della gestione e di assicurare all'utenza efficienza ed affidabilità del servizio (art. 151, comma 2, lettere c, d, e). Tale fine è raggiunto determinando la tariffa secondo un meccanismo di price cap (artt. 151 e 154, comma 1), diretto ad evitare che il concessionario unico abusi della sua posizione dominante. La disciplina degli artt. 154 e 155 D.Lgs. n. 152/2006 è ascrivibile, in prevalenza, alla tutela dell'ambiente e alla tutela della concorrenza, materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato. Attraverso la determinazione della tariffa nell'ambito territoriale ottimale, il legislatore statale ha fissato, infatti, livelli uniformi di tutela dell'ambiente, perché ha inteso perseguire la finalità di garantire la tutela e l'uso, secondo criteri di solidarietà, delle risorse idriche, salvaguardando la vivibilità dell'ambiente e "le aspettative ed i diritti delle generazioni future a fruire di un integro patrimonio ambientale" e le altre finalità tipicamente ambientali individuate dagli artt. 144 (Tutela e uso delle risorse idriche), 145 (Equilibrio del bilancio idrico) e 146 (Risparmio idrico). La finalità della tutela dell'ambiente viene, inoltre, in rilievo anche in relazione alla scelta delle tipologie dei costi che la tariffa è diretta a recuperare. Tra tali costi il legislatore ha, infatti, incluso espressamente quelli ambientali, da recuperare "anche secondo il principio "chi inquina paga" (art. 154, comma 2). I profili della tutela della concorrenza vengono poi in rilievo perché alla determinazione della tariffa provvede l'Autorità d'ambito, al fine di ottenere un equilibrio economico-finanziario della gestione e di assicurare all'utenza efficienza ed affidabilità del servizio (art. 151, comma 2, lettere c, d, e). Tale fine è raggiunto determinando la tariffa secondo un meccanismo di price cap (artt. 151 e 154, comma 1), diretto ad evitare che il concessionario unico abusi della sua posizione dominante (sentenze nn. 335 e 51 del 2008).

(massima n. 6)

La disciplina degli artt. 154 e 155 D.Lgs. n. 152/2006 è ascrivibile, in prevalenza, alla tutela dell'ambiente e alla tutela della concorrenza, materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato. Attraverso la determinazione della tariffa nell'ambito territoriale ottimale, il legislatore statale ha fissato, infatti, livelli uniformi di tutela dell'ambiente, perché ha inteso perseguire la finalità di garantire la tutela e l'uso, secondo criteri di solidarietà, delle risorse idriche, salvaguardando la vivibilità dell'ambiente e "le aspettative ed i diritti delle generazioni future a fruire di un integro patrimonio ambientale" e le altre finalità tipicamente ambientali individuate dagli artt. 144 (Tutela e uso delle risorse idriche), 145 (Equilibrio del bilancio idrico) e 146 (Risparmio idrico). La finalità della tutela dell'ambiente viene, inoltre, in rilievo anche in relazione alla scelta delle tipologie dei costi che la tariffa è diretta a recuperare. Tra tali costi il legislatore ha, infatti, incluso espressamente quelli ambientali, da recuperare "anche secondo il principio "chi inquina paga" (art. 154, comma 2). I profili della tutela della concorrenza vengono poi in rilievo perché alla determinazione della tariffa provvede l'Autorità d'ambito, al fine di ottenere un equilibrio economico-finanziario della gestione e di assicurare all'utenza efficienza ed affidabilità del servizio (art. 151, comma 2, lettere c, d, e). Tale fine è raggiunto determinando la tariffa secondo un meccanismo di price cap (artt. 151 e 154, comma 1), diretto ad evitare che il concessionario unico abusi della sua posizione dominante (sentenze nn. 335 e 51 del 2008). Gli artt. da 144 a 146 del D.Lgs. n. 152 del 2006 rispettano il riparto delle competenze stabilito dalla legge n. 308/2004 (legge delega), perché, nel fissare "criteri per la gestione del servizio idrico integrato" (art. 88, comma 1, lettera h, del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112), sono riconducibili a materie di competenza legislativa esclusiva statale: l'art. 144, c. 1, nel prevedere che "tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché non estratte dal sottosuolo, appartengono al demanio dello Stato", disciplina il regime proprietario delle acque, che è sicuramente riconducibile alla materia dell'ordinamento civile, di cui all'art. 117, c. 2, lett. l), Cost.; i successivi commi dell'art. 144 attengono a materie riconducibili all'ordinamento civile e alla tutela dell'ambiente (art. 117, c. 2, lett. s), Cost.), perché disciplinano i criteri dell'uso delle acque, in relazione alla finalità di evitare sprechi, favorire il rinnovo delle risorse, garantire i diritti delle generazioni future e tutelare, tra l'altro, "la vivibilità dell'ambiente". L'art. 145 è anch'esso riconducibile alla materia della tutela dell'ambiente, perché disciplina l'equilibrio del bilancio idrico, richiamando, al c. 1, i criteri e gli obiettivi di tutela di cui al precedente art. 144 e prevedendo, al comma 3, per i "bacini idrografici caratterizzati da consistenti prelievi o da trasferimenti", la necessità di garantire "la vita negli alvei sottesi" e di "non danneggiare gli equilibri degli ecosistemi interessati". L'art. 146 disciplina specificamente una materia senza dubbio riconducibile alla tutela dell'ambiente, quale il risparmio della risorsa idrica. La rilevata riconducibilità delle norme ai titoli di competenza legislativa esclusiva statale sopra indicati vale anche a far ritenere insussistente la violazione dell'art. 117, IV e VI comma, Cost. e del principio della leale collaborazione, perché esclude sia la competenza residuale regionale in materia di servizi pubblici locali (art. 117, quarto comma, Cost.) sia l'obbligo di prevedere strumenti di leale cooperazione con le Regioni, consentendo al legislatore statale di prevedere un potere regolamentare ministeriale (art. 117, sesto comma, Cost.). Non sussiste infine violazione dell'art. 118 Cost., perché la disciplina in esame non attribuisce funzioni amministrative, ma, in attuazione della legge di delegazione, si limita a precisare - nell'ambito delle sopra indicate competenze legislative esclusive dello Stato - i "criteri di gestione del servizio idrico", cui le Regioni e gli altri enti interessati devono attenersi, senza che abbia alcun rilievo la generalità o la specificità di detti criteri.

(massima n. 7)

Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 146, comma 3, del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, il quale stabilisce che "il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, sentita l'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti e il Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT), adotta un regolamento per la definizione dei criteri e dei metodi in base ai quali valutare le perdite degli acquedotti e delle fognature", per ritenuta violazione dell'art. 117, sesto comma Cost., in quanto la disposizione denunciata è riconducibile alla materia "tutela dell'ambiente'', di competenza esclusiva dello Stato. Non è fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 154 e 155 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, sollevata in relazione agli artt. 117, quarto comma, e 119, primo e secondo comma, Cost.. La dedotta violazione delle competenze regionali non sussiste, perché la disciplina degli artt. 154 e 155 è ascrivibile, in prevalenza, alla tutela dell'ambiente e alla tutela della concorrenza, materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato. Attraverso la determinazione della tariffa nell'ambito territoriale ottimale, il legislatore statale ha fissato, infatti, livelli uniformi di tutela dell'ambiente, perché ha inteso perseguire la finalità di garantire la tutela e l'uso, secondo criteri di solidarietà, delle risorse idriche, salvaguardando la vivibilità dell'ambiente e "le aspettative ed i diritti delle generazioni future a fruire di un integro patrimonio ambientale" e le altre finalità tipicamente ambientali individuate dagli artt. 144 (Tutela e uso delle risorse idriche), 145 (Equilibrio del bilancio idrico) e 146 (Risparmio idrico). La finalità della tutela dell'ambiente viene, inoltre, in rilievo anche in relazione alla scelta delle tipologie dei costi che la tariffa è diretta a recuperare. Tra tali costi il legislatore ha, infatti, incluso espressamente quelli ambientali, da recuperare anche secondo il principio "chi inquina paga" (art. 154, comma 2). I profili della tutela della concorrenza vengono poi in rilievo perché alla determinazione della tariffa provvede l'Autorità d'ambito, al fine di ottenere un equilibrio economico-finanziario della gestione e di assicurare all'utenza efficienza ed affidabilità del servizio (art. 151, comma 2, lettere c, d, e). Tale fine è raggiunto determinando la tariffa secondo un meccanismo di price cap (artt. 151 e 154, comma 1), diretto ad evitare che il concessionario unico abusi della sua posizione dominante. La disciplina degli artt. 154 e 155 D.Lgs. n. 152/2006 è ascrivibile, in prevalenza, alla tutela dell'ambiente e alla tutela della concorrenza, materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato. Attraverso la determinazione della tariffa nell'ambito territoriale ottimale, il legislatore statale ha fissato, infatti, livelli uniformi di tutela dell'ambiente, perché ha inteso perseguire la finalità di garantire la tutela e l'uso, secondo criteri di solidarietà, delle risorse idriche, salvaguardando la vivibilità dell'ambiente e "le aspettative ed i diritti delle generazioni future a fruire di un integro patrimonio ambientale" e le altre finalità tipicamente ambientali individuate dagli artt. 144 (Tutela e uso delle risorse idriche), 145 (Equilibrio del bilancio idrico) e 146 (Risparmio idrico). La finalità della tutela dell'ambiente viene, inoltre, in rilievo anche in relazione alla scelta delle tipologie dei costi che la tariffa è diretta a recuperare. Tra tali costi il legislatore ha, infatti, incluso espressamente quelli ambientali, da recuperare "anche secondo il principio "chi inquina paga" (art. 154, comma 2). I profili della tutela della concorrenza vengono poi in rilievo perché alla determinazione della tariffa provvede l'Autorità d'ambito, al fine di ottenere un equilibrio economico-finanziario della gestione e di assicurare all'utenza efficienza ed affidabilità del servizio (art. 151, comma 2, lettere c, d, e). Tale fine è raggiunto determinando la tariffa secondo un meccanismo di price cap (artt. 151 e 154, comma 1), diretto ad evitare che il concessionario unico abusi della sua posizione dominante (sentenze nn. 335 e 51 del 2008). Gli artt. da 144 a 146 del D.Lgs. n. 152 del 2006 rispettano il riparto delle competenze stabilito dalla legge n. 308/2004 (legge delega), perché, nel fissare "criteri per la gestione del servizio idrico integrato" (art. 88, comma 1, lettera h, del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112), sono riconducibili a materie di competenza legislativa esclusiva statale d'art. 144, c. 1, nel prevedere che "tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché non estratte dal sottosuolo, appartengono al demanio dello Stato", disciplina il regime proprietario delle acque, che è sicuramente riconducibile alla materia dell'ordinamento civile, di cui all'art. 117, c. 2, lett. l), Cost.; i successivi commi dell'art. 144 attengono a materie riconducibili all'ordinamento civile e alla tutela dell'ambiente (art. 117, c. 2, lett. s, Cost.), perché disciplinano i criteri dell'uso delle acque, in relazione alla finalità di evitare sprechi, favorire il rinnovo delle risorse, garantire i diritti delle generazioni future e tutelare, tra l'altro, "la vivibilità dell'ambiente". L'art. 145 è anch'esso riconducibile alla materia della tutela dell'ambiente, perché disciplina l'equilibrio del bilancio idrico, richiamando, al c. 1, i criteri e gli obiettivi di tutela di cui al precedente art. 144 e prevedendo, al comma 3, per i "bacini idrografici caratterizzati da consistenti prelievi o da trasferimenti", la necessità di garantire "la vita negli alvei sottesi" e di "non danneggiare gli equilibri degli ecosistemi interessati". L'art. 146 disciplina specificamente una materia senza dubbio riconducibile alla tutela dell'ambiente, quale il risparmio della risorsa idrica. La rilevata riconducibilità delle norme ai titoli di competenza legislativa esclusiva statale sopra indicati vale anche a far ritenere insussistente la violazione dell'art. 117, IV e VI comma, Cost. e del principio della leale collaborazione, perché esclude sia la competenza residuale regionale in materia di servizi pubblici locali (art. 117, quarto comma, Cost.) sia l'obbligo di prevedere strumenti di leale cooperazione con le Regioni, consentendo al legislatore statale di prevedere un potere regolamentare ministeriale (art. 117, sesto comma, Cost.). Non sussiste infine violazione dell'art. 118 Cost., perché la disciplina in esame non attribuisce funzioni amministrative, ma, in attuazione della legge di delegazione, si limita a precisare - nell'ambito delle sopra indicate competenze legislative esclusive dello Stato - i "criteri di gestione del servizio idrico", cui le Regioni e gli altri enti interessati devono attenersi, senza che abbia alcun rilievo la generalità o la specificità di detti criteri.

(massima n. 8)

Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 149, commi 1, 2, 3, 4 e 5, del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152. La ricorrente, che pure non specifica a quali "enti infrastatuali" si riferisce la censura relativa al comma 1 dell'art. 149, si duole, da un lato, dell'intervento legislativo dello Stato in mancanza di un titolo competenziale (art. 117 Cost.), dall'altro, dell'allocazione all'autorità d'ambito delle funzioni amministrative di pianificazione (art. 118 Cost.), con la conseguenza dell'illegittimità costituzionale anche dei successivi commi da 2 a 5. In relazione al primo parametro costituzionale evocato, si deve rilevare che l'attività pianificatoria disciplinata dal denunciato art. 149 deve essere ricondotta alla materia della tutela della concorrenza, di competenza legislativa esclusiva dello Stato, perché è strettamente funzionale alla gestione unitaria del servizio e ha, perciò, lo scopo di consentire il concreto superamento della frammentazione della gestione delle risorse idriche, al fine di inserire armonicamente tale gestione in un più ampio quadro normativo diretto alla razionalizzazione del mercato del settore. In relazione all'art. 118 Cost., secondo parametro costituzionale evocato, si deve rilevare che, data l'organizzazione del servizio in ambiti territoriali ottimali gestiti ciascuno da un'autorità d'ambito, il livello più adeguato a cui allocare le funzioni amministrative di pianificazione è proprio quello dell'autorità d'ambito medesima, cui partecipano obbligatoriamente i Comuni e le Province ai sensi dell'art. 148, comma 1, e non quello di non meglio identificati "enti infrastatuali". All'insussistenza dell'illegittimità costituzionale del comma 1 consegue l'insussistenza della denunciata illegittimità derivata dei commi da 2 a 5. Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 149, comma 6, del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 per la parte non riferita alle competenze dell'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, sollevata in relazione agli artt. 76 e 117, terzo comma, Cost., in quanto la trasmissione del piano d'ambito alla Regione e al Ministero rientra fra i normali obblighi informativi, che possono legittimamente essere fissati dalla legge statale ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera r), Cost. Va dichiarata la cessazione della materia del contendere della questione di legittimità costituzionale dell'art. 149, comma 6, sollevata per violazione degli artt. 76, 117, 118 e 117, terzo e quarto comma, Cost., per la parte riferita alle competenze dell'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, perché quest'ultima è stata abolita dall'art. 1, comma 5, del D.Lgs. n. 284 del 2006 e non è mai entrata in funzione. L'attività pianificatoria disciplinata dall'art. 149 D.Lgs. n. 152/2006 deve essere ricondotta alla materia della tutela della concorrenza, di competenza legislativa esclusiva dello Stato, perché è strettamente funzionale alla gestione unitaria del servizio idrico e ha, perciò, lo scopo di consentire il concreto superamento della frammentazione della gestione delle risorse idriche, al fine di inserire armonicamente tale gestione in un più ampio quadro normativo diretto alla razionalizzazione del mercato del settore. Data l'organizzazione del servizio in ambiti territoriali ottimali gestiti ciascuno da un'autorità d'ambito, il livello più adeguato a cui allocare le funzioni amministrative di pianificazione è proprio quello dell'autorità d'ambito medesima, cui partecipano obbligatoriamente i Comuni e le Province ai sensi dell'art. 148, c. 1.

(massima n. 9)

Non è fondata la questione di legittimità costituzionale - sollevata in riferimento all'art. 76 Cost. - dell'art. 148, c. 5, D.Lgs. n. 152/2006. Tanto il c. 5 dell'art. 148 quanto la legge n. 36 del 1994, richiamata dall'art. 8, c. 1, lett. b), della legge di delegazione, fissano infatti il principio del "superamento della frammentazione delle gestioni", che può realizzarsi, indifferentemente, sia con l'"unitarietà" delle gestioni, sia con l'"unicità". E ciò, a prescindere dalla considerazione che - anche a voler ritenere che la norma censurata abbia carattere innovativo - la delega legislativa avrebbe comunque consentito l'innovazione al fine della razionalizzazione della disciplina (sentenza n. 225 del 2009). Infatti, all'art. 1, c. 1, la delega prevede che il legislatore delegato provveda al "riordino, coordinamento e integrazione delle disposizioni legislative anche mediante la redazione di testi unici"; e non pare dubbio che l'uso dei termini "riordino" e "integrazione" sia sufficiente a consentire interventi innovativi del legislatore.

(massima n. 10)

Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 153 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, sollevata in relazione agli artt. 3, 76 e 117, quarto comma, Cost. L'assunto della ricorrente secondo il quale, in riferimento all'art. 76 Cost. e, quale parametro interposto, alla legge di delegazione L. n. 308 del 2004, non sarebbe consentito al decreto delegato introdurre disposizioni innovative si fonda su di un erroneo presupposto interpretativo perché la legge di delegazione consente, nel caso di specie, l'innovazione. Né ha pregio, sempre in relazione all'art. 76 Cost. la censura secondo al quale l'affidamento a titolo gratuito delle infrastrutture idriche degli enti locali determinerebbe un maggiore onere per la finanza di detti enti, in contrasto con il criterio direttivo previsto dall'art. 1, comma 1, della legge di delegazione, in quanto il carattere generale e complessivo del criterio direttivo dell'invarianza degli oneri finanziari di cui all'art. 1, comma 1, della legge di delegazione n. 308 del 2004 implica una valutazione dell'incidenza finanziaria del servizio che sia complessiva e non - come sostiene la ricorrente - riferita al singolo atto concessorio. Conferma questa conclusione la circostanza che il successivo comma 2 dell'art. 153 - nel prevedere che al gestore sono trasferite tutte le passività del servizio idrico integrato, subentrandone nei relativi obblighi - impone che di tale trasferimento debba tenersi conto nella determinazione della tariffa, proprio "al fine di garantire l'invarianza degli oneri per la finanza pubblica", valutata nel suo complesso. La ricorrente avrebbe dovuto, perciò, specificare in che termini la gratuità prevista dalla disposizione censurata incida sull'onere finanziario complessivo del servizio idrico integrato in modo da determinare un effettivo maggiore onere per la finanza pubblica e non limitarsi ad affermare che detta gratuità determina di per sé un maggiore onere per la finanza pubblica. Quanto alla ritenuta violazione dell'art. 117, quarto comma, Cost. va ribadito che la disciplina censurata è riconducibile in prevalenza alla competenza legislativa esclusiva statale in materia di ordinamento civile, di cui all'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. Infine, in relazione alla asserita violazione dell'art. 3 Cost. per l'irragionevolezza della concessione gratuita delle infrastrutture ai gestori del servizio idrico integrato, vale ribadire il carattere generale e complessivo del criterio direttivo dell'invarianza degli oneri finanziari di cui all'art. 1, comma 1, della legge di delegazione n. 308 del 2004; sicché proprio tale carattere generale e complessivo esclude la lamentata irragionevolezza, perché tiene in debito conto - come visto - l'esigenza di garantire l'invarianza degli oneri per la finanza pubblica. Sempre in relazione all'art 3 Cost., non ha pregio la censura concernente la retroattività della gratuità della concessione rispetto agli affidamenti già in essere, in quanto la norma censurata fa riferimento, per la sua applicazione, al contenuto della convenzione e del disciplinare di affidamento al gestore del servizio idrico integrato e, dunque, si applica alle concessioni nuove o rinnovate e non a quelle già in essere; si applica cioè ai soli "nuovi affidamenti", regolati dal comma 2 dell'art. 172. La disciplina della dotazione dei gestori del servizio idrico integrato recata dall'art. 153 D.Lgs. n. 152/2006, è riconducibile in prevalenza alla competenza legislativa esclusiva statale. La disposizione, infatti, nel riferirsi alle infrastrutture idriche di proprietà degli enti locali, che sono beni senza dubbio funzionali alla gestione del servizio idrico quale servizio pubblico locale, esclude in radice l'onerosità della concessione d'uso di tali infrastrutture al gestore del servizio ed incide, perciò, sulla tipologia contrattuale. Essa attiene, dunque, all'esercizio dell'autonomia negoziale in tema di concessioni-contratto e deve perciò essere ricondotta, secondo un criterio di prevalenza, alla materia dell'ordinamento civile, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. e, quindi, all'esclusiva sfera di competenza legislativa dello Stato. Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 151 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 - recante la rubrica "Rapporti tra autorità d'ambito e soggetti gestori del servizio idrico integrato" - e dell'art. 153 - la cui rubrica recita "Dotazioni dei soggetti gestori del servizio idrico integrato" -, sollevata in relazione all'art. 117 Cost., poiché la denunciata illegittimità deriverebbe dall'accoglimento delle questioni di legittimità costituzionale relative all'art. 150, che sono state, invece, rigettate. Peraltro, con riferimento alla questione concernente l'art. 153, va aggiunto che la disposizione censurata, nel riferirsi alle infrastrutture idriche di proprietà degli enti locali, che sono beni senza dubbio funzionali alla gestione del servizio idrico quale servizio pubblico locale, esclude in radice l'onerosità della concessione d'uso di tali infrastrutture al gestore del servizio ed incide, perciò, sulla tipologia contrattuale. Essa attiene, dunque, all'esercizio dell'autonomia negoziale in tema di concessioni-contratto e deve perciò essere ricondotta, secondo un criterio di prevalenza, alla materia dell'ordinamento civile, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. e, quindi, all'esclusiva sfera di competenza legislativa dello Stato.

(massima n. 11)

La disciplina della tariffa del servizio idrico integrato contenuta nell'art. 154 del D.Lgs. n. 152 del 2006 è ascrivibile in prevalenza, alla tutela dell'ambiente e alla tutela della concorrenza, materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato.

(massima n. 12)

Gli artt. da 144 a 146 del D.Lgs. n. 152/2006 rispettano comunque il riparto delle competenze stabilito da quest'ultima, perché, nel fissare «criteri per la gestione del servizio idrico integrato» (art. 88, comma 1, lettera h, del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112), sono riconducibili a materie di competenza legislativa esclusiva statale. Infatti: a) l'art. 144, comma 1, nel prevedere che «Tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché non estratte dal sottosuolo, appartengono al demanio dello Stato», disciplina il regime proprietario delle acque, che è sicuramente riconducibile alla materia dell'ordinamento civile, di cui all'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.; b) i successivi commi dell'art. 144 attengono a materie riconducibili all'ordinamento civile e alla tutela dell'ambiente (art. 117, secondo comma, lettera s, Cost.), perché disciplinano i criteri dell'uso delle acque, in relazione alla finalità di evitare sprechi, favorire il rinnovo delle risorse, garantire i diritti delle generazioni future e tutelare, tra l'altro, «la vivibilità dell'ambiente»; c) l'art. 145 è anch'esso riconducibile alla materia della tutela dell'ambiente, perché disciplina l'equilibrio del bilancio idrico, richiamando, al comma 1, i criteri e gli obiettivi di tutela di cui al precedente art. 144 e prevedendo, al comma 3, per i «bacini idrografici caratterizzati da consistenti prelievi o da trasferimenti», la necessità di garantire «la vita negli alvei sottesi» e di «non danneggiare gli equilibri degli ecosistemi interessati»; d) l'art. 146 disciplina specificamente una materia senza dubbio riconducibile alla tutela dell'ambiente, quale il risparmio della risorsa idrica.

(massima n. 13)

La disciplina degli artt. 154 e 155 D.Lgs. n. 152/2006 è ascrivibile, in prevalenza, alla tutela dell'ambiente e alla tutela della concorrenza, materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato. Attraverso la determinazione della tariffa nell'ambito territoriale ottimale, il legislatore statale ha fissato, infatti, livelli uniformi di tutela dell'ambiente, perché ha inteso perseguire la finalità di garantire la tutela e l'uso, secondo criteri di solidarietà, delle risorse idriche, salvaguardando la vivibilità dell'ambiente e "le aspettative ed i diritti delle generazioni future a fruire di un integro patrimonio ambientale" e le altre finalità tipicamente ambientali individuate dagli artt. 144 (Tutela e uso delle risorse idriche), 145 (Equilibrio del bilancio idrico) e 146 (Risparmio idrico). La finalità della tutela dell'ambiente viene, inoltre, in rilievo anche in relazione alla scelta delle tipologie dei costi che la tariffa è diretta a recuperare. Tra tali costi il legislatore ha, infatti, incluso espressamente quelli ambientali, da recuperare "anche secondo il principio "chi inquina paga" (art. 154, comma 2). I profili della tutela della concorrenza vengono poi in rilievo perché alla determinazione della tariffa provvede l'Autorità d'ambito, al fine di ottenere un equilibrio economico-finanziario della gestione e di assicurare all'utenza efficienza ed affidabilità del servizio (art. 151, comma 2, lettere c, d, e). Tale fine è raggiunto determinando la tariffa secondo un meccanismo di price cap (artt. 151 e 154, comma 1), diretto ad evitare che il concessionario unico abusi della sua posizione dominante (sentenze nn. 335 e 51 del 2008). La tariffa del servizio idrico integrato, di cui agli artt. 154 e 155 D.Lgs. n. 152/2006 ha natura non tributaria, ma di "corrispettivo contrattuale".

(massima n. 14)

Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 156, del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, il quale disciplina le modalità di riscossione della tariffa da parte del gestore del servizio idrico integrato, per ritenuta violazione degli artt. 117 e 118 Cost., perché incide "su un aspetto di ulteriore dettaglio rispetto a quanto previsto negli artt. 154 e 155". L'attività di riscossione della tariffa rappresenta, infatti, uno dei profili essenziali della disciplina di quest'ultima, che è a sua volta riconducibile alle materie della tutela della concorrenza e della tutela dell'ambiente, di esclusiva competenza legislativa statale.

(massima n. 15)

Va dichiarata la cessazione della materia del contendere della questione di legittimità costituzionale dell'art. 159 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, per ritenuta violazione degli artt. 76, 3, 117 e 118 Cost., in quanto detta disposizione è stata abrogata dal comma 5 dell'art. 1 del D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284 e non ha mai avuto applicazione perché l'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti non è mai entrata in funzione.

(massima n. 16)

Va dichiarata la cessazione della materia del contendere della questione di legittimità costituzionale dell'art. 160 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, per ritenuta violazione degli artt. 76, 3, 117, 118 e 117, quarto comma, Cost., in quanto detta disposizione è stata abrogata dal comma 5 dell'art. 1 del D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284 e non ha mai avuto applicazione perché l'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti non è mai entrata in funzione.

(massima n. 17)

Il contributo previsto dall'art. 164 D.Lgs. n. 152/2006 ha natura assimilabile a quella del contributo ordinariamente dovuto dagli associati al consorzio e, pertanto, ha anch'esso natura di tributo, istituito e disciplinato dalla legge statale, con la conseguenza che il suo pagamento si impone a tutti gli utilizzatori degli impianti consortili, siano essi soggetti comuni od enti locali, senza che sussista alcuna "compressione dell'autonomia negoziale" degli enti locali stessi.

(massima n. 18)

L'autorizzazione dell'Autorità di bacino (art. 166, D.Lgs. n. 152/2006) è connessa alla funzione di difesa del suolo svolta da tale ente, perché è diretta a verificare che gli usi delle acque d'irrigazione regolati dalla norma ne consentano l'effettiva restituzione e la successiva utilizzazione. Sotto tale profilo, l'intervento autorizzatorio dell'Autorità di bacino mira a garantire la realizzazione delle finalità, riconducibili alla tutela dell'ambiente ed espresse, in particolare, dall'art. 63, c. 5, lettere b) e c), della difesa del suolo, della lotta alla desertificazione, della tutela delle acque e gestione delle risorse idriche, del controllo sull'impatto delle attività umane sullo stato delle acque (sentenza n. 232 del 2009). La disposizione attiene, dunque, alla materia della tutela dell'ambiente, di competenza legislativa esclusiva dello Stato. È inammissibile, per genericità di formulazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 166, comma 1, del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, per ritenuta violazione dell'art. 76 Cost., affermando che la norma denunciata viola la legge di delegazione, perché non rispetta le attribuzioni regionali e degli enti locali disciplinate dagli artt. 88 e 89 del D.Lgs. n. 112 del 1998. Tali disposizioni hanno un contenuto eterogeneo, in quanto prevedono dettagliati elenchi di attribuzioni il cui rapporto con le attribuzioni dei consorzi di bonifica avrebbe dovuto essere chiarito e specificato dalla ricorrente. Quest'ultima, invece, in modo non sufficientemente specifico, omette di individuare il denunciato eccesso di delega non indicando quali tra dette attribuzioni siano state violate, né chiarisce le ragioni dell'affermata violazione.

(massima n. 19)

Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 150, in combinato con l'art. 170, comma 3, lettera i), del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, per ritenuta lesione dell'art. 117, terzo comma, Cost., perché, non limitandosi a stabilire principi fondamentali della materia, detta "misure di dettaglio", "con conseguente invasione delle competenze regionali in materia di regolazione del servizio idrico integrato". Il presupposto su cui si basa la censura è erroneo, perché l'art. 117, terzo comma, Cost., il quale contiene l'elenco delle materie di competenza legislativa concorrente, non contempla la materia indicata dalla ricorrente. È inammissibile, per oscurità della prospettazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 150, in combinato con l'art. 170, comma 3, lettera i), del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, per ritenuta violazione degli artt. 117 e 118 Cost., perché illegittimamente determinerebbe una "attrazione completa nell'ambito di attività amministrativa ministeriale di tutta la disciplina relativa alla gestione del servizio considerato, consolidando nelle norme del decreto delegato precedenti atti ministeriali", senza che "a fronte di ciò si possano rinvenire peculiarità del servizio idrico integrato che giustifichino un simile intervento legislativo statale in deroga alla disciplina generale dei servizi pubblici locali". Infatti, la ricorrente muove dalla generica e indimostrata premessa che la norma censurata abbia "consolidato" "precedenti atti ministeriali", senza spiegare in cosa consista tale "consolidazione" e quali siano tali atti ministeriali.

(massima n. 20)

Va dichiarata la cessazione della materia del contendere delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 172 comma 2, in combinato disposto con l'art. 147, comma 2, del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, per ritenuta violazione dell'art. 3, in quanto nella memoria depositata in prossimità dell'udienza la ricorrente rileva di non avere più interesse alle questioni sollevate, perché le disposizioni denunciate richiedevano il requisito dell'unicità della gestione, sostituito, per effetto dell'art. 2, comma 13, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, da quello dell'unitarietà della gestione, già previsto dalla legge n. 36 del 1994 e fatto proprio dalla legislazione regionale. Trova, pertanto, applicazione l'orientamento della Corte secondo cui, nel giudizio principale, quando la parte ricorrente, pur non rinunciando formalmente al ricorso, evidenzia il sopraggiunto venir meno delle ragioni della controversia e la parte resistente non è costituita - come nel caso di specie - o non si oppone, deve essere dichiarata la cessazione della materia del contendere. Va dichiarata la cessazione della materia del contendere della questione di legittimità costituzionale dell'art. 147, comma 2, lett. b), anche in combinato con l'art. 172, comma 2, del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, sollevata in relazione agli artt. 3, 76 e 117, quarto comma, Cost., in quanto nella memoria depositata in prossimità dell'udienza, la ricorrente afferma di non avere più interesse alla decisione sulle questioni relative alle disposizioni impugnate, perché il principio dell'unicità della gestione, previsto da tali disposizioni, è stato sostituito, per effetto dell'art. 2, comma 13, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, da quello dell'unitarietà della gestione, già fissato, secondo la ricorrente, dalla legge n. 36 del 1994 e fatto proprio dalla legislazione regionale. Tale conclusione è coerente con l'orientamento della Corte secondo cui, nel giudizio principale, quando la parte ricorrente, pur non rinunciando formalmente al ricorso, evidenzia il sopraggiunto venir meno delle ragioni della controversia e la parte resistente non è costituita - come nella specie - o non si oppone, deve, appunto, essere dichiarata la cessazione della materia del contendere.

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