Consiglio di Stato Sez. V sentenza n. 1239 del 25 marzo 2016

(5 massime)

(massima n. 1)

I termini per la conclusione del procedimento di verifica dell'assoggettabilità di un progetto a V.I.A. (Valutazione d'Impatto Ambientale) ai sensi dell'art. 20 del D.Lgs. n. 152/2006 possono ritenersi non perentori bensì ordinatori perché l'inosservanza dei medesimi non comporta alcuna causa inficiante la validità della procedura con conseguente illegittimità dei relativi atti, né implica alcuna decadenza per l'Amministrazione dal potere di provvedere, benché tardivamente. Tuttavia, la violazione dei termini prevista dal suddetto art. 20 comporta, in presenza dei relativi presupposti, effetti di altro genere quali responsabilità disciplinari, penali, contabili e risarcitorie per danni da ritardo.

(massima n. 2)

Anche se i termini per la conclusione del procedimento di valutazione di impatto ambientale (VIA), previsti dall'art. 20 del D.Lgs. n. 152 del 2006 (Codice dell'ambiente), non hanno natura di termini perentori, bensì ordinatori - poiché l'inosservanza dei medesimi non comporta alcuna causa inficiante la validità della procedura con conseguente illegittimità dei relativi atti, né implica alcuna decadenza per l'Amministrazione dal potere di provvedere, benché tardivamente - tuttavia la violazione dei termini stessi implica effetti di altro genere: responsabilità disciplinari, penali, contabili e risarcitorie per danni da ritardo, in presenza dei relativi presupposti.

(massima n. 3)

Il solo ritardo nell'emanazione di un atto amministrativo è elemento sufficiente per configurare un danno "ingiusto", con conseguente obbligo di risarcimento, nel caso di procedimento amministrativo lesivo di un interesse pretensivo dell'amministrato, quando tale procedimento sia da concludere con un provvedimento favorevole per il destinatario o se sussistano fondate ragioni per ritenere che l'interessato avrebbe dovuto ottenerlo.

(massima n. 4)

L'ingiustizia e la sussistenza stessa del danno da ritardo della P.A. non possono, in linea di principio, presumersi iuris tantum, in meccanica ed esclusiva relazione al ritardo nell'adozione del provvedimento amministrativo favorevole, ma il danneggiato deve, ex art. 2697 c.c., provare tutti gli elementi costitutivi della relativa domanda. In particolare, occorre verificare la sussistenza sia dei presupposti di carattere oggettivo (prova del danno e del suo ammontare, ingiustizia dello stesso, nesso causale), sia di quello di carattere soggettivo (dolo o colpa del danneggiante): in sostanza, il mero "superamento" del termine fissato ex lege o per via regolamentare alla conclusione del procedimento costituisce indice oggettivo, ma non integra "piena prova del danno".

(massima n. 5)

Possono ritenersi sussistenti i presupposti per il risarcimento del danno da ritardo nel caso di esito favorevole del procedimento (nella specie si trattava di una procedura di VIA) con l'emissione del provvedimento finale, che ha consentito al privato l'ottenimento del bene della vita, ovvero l'ampliamento dell'attività economica da esso gestita e di una palese ed oggettiva inosservanza dei termini procedimentali non giustificata da rilievi da parte dell'Amministrazione, in sede procedimentale, ovvero in sede giudiziale, di difficoltà oggettive di tipo tecnico o organizzativo rispetto al concreto affare trattato; in tal caso, infatti, deve considerarsi raggiunta la prova dell'elemento soggettivo della fattispecie risarcitoria.

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