Corte costituzionale sentenza n. 197 del 11 luglio 2014

(4 massime)

(massima n. 1)

È costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 117, secondo comma, lett. s), Cost., l'art. 34 della legge della Regione Piemonte 25 marzo 2013, n. 3, che sostituisce l'art. 17, comma 2, della legge regionale n. 56 del 1977, nella parte in cui non prevede la partecipazione degli organi del Ministero per i beni e le attività culturali al procedimento di conformazione agli strumenti di pianificazione territoriale e paesaggistica delle varianti al piano regolatore generale, comunale e intercomunale. L'esclusione della partecipazione di qualsivoglia organismo ministeriale dall'iter procedimentale di approvazione delle varianti e revisioni dei menzionati piani, si pone in evidente contrasto con la normativa statale (art. 145, comma 5, del D.Lgs. n. 42 del 2004) che impone che lo Stato partecipi alla verifica di conformità al PPT della variante al PRG, in linea con le prerogative ad esso riservate dall'art. 117, secondo comma, lett. s), Cost., come anche riconosciute dalla costante giurisprudenza costituzionale - impone che la Regione adotti la propria disciplina di conformazione assicurando la partecipazione degli organi ministeriali al procedimento medesimo. Infatti, l'impronta unitaria della pianificazione paesaggistica è assunta a valore imprescindibile, non derogabile dal legislatore regionale in quanto espressione di un intervento teso a stabilire una metodologia uniforme nel rispetto della legislazione di tutela dei beni culturali e paesaggistici sull'intero territorio nazionale. Al contrario, la generale esclusione della partecipazione degli organi ministeriali nei procedimenti di adozione delle varianti, nella sostanza, finisce per degradare la tutela paesaggistica da valore unitario prevalente e a concertazione rigorosamente necessaria, in mera esigenza urbanistica. - Sulla necessità che lo Stato partecipi alla verifica di conformità al PPT della variante al PRG, v. le citate sentenze nn. 235/2011 e 211/2011. - Sul principio della gerarchia degli strumenti di pianificazione dei diversi livelli territoriali, dettato dall'art. 145, comma 5, del D.Lgs. n. 42 del 2004, v. le sentenze nn. 193/2010, 272/2009 e 182/2006. - Sulla degradazione della tutela paesaggistica da valore unitario prevalente e a concertazione rigorosamente necessaria, in mera esigenza urbanistica, v. la sentenza n. 437/2008.

(massima n. 2)

La tutela dell'ambiente rientra nella competenza legislativa esclusiva dello Stato; pertanto, le disposizioni legislative statali adottate in tale ambito fungono da limite alla disciplina che le Regioni, anche a statuto speciale, dettano nei settori di loro competenza, essendo ad esse consentito soltanto eventualmente di incrementare i livelli della tutela ambientale, senza però compromettere il punto di equilibrio tra esigenze contrapposte espressamente individuato dalla norma dello Stato.

(massima n. 3)

La valutazione ambientale strategica (VAS), disciplinata dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), attuativo dei principi comunitari contenuti nella direttiva 27 giugno 2001, n. 2001/42/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull'ambiente), attiene alla materia della «tutela dell'ambiente», di competenza esclusiva dello Stato. Interventi specifici del legislatore regionale sono ammessi nei soli casi in cui essi, pur intercettando gli interessi ambientali, risultino espressivi di una competenza propria della Regione. In particolare deve ritenersi che il significativo spazio aperto alla legge regionale dallo stesso D.Lgs. n. 152 del 2006 (v. art. 3-quinquies; art. 7, comma 2) non possa giungere fino a invertire le scelte che il legislatore statale ha adottato in merito alla sottoposizione a VAS di determinati piani e programmi; scelte che in ogni caso sono largamente condizionate dai vincoli derivanti dal diritto dell'Unione.

(massima n. 4)

È costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 117, secondo comma, lett. s), Cost., l'art. 33 della legge della Regione Piemonte 25 marzo 2013, n. 3, nella parte in cui, sostituendo l'art. 16-bis, comma 6, della legge regionale n. 56 del 1977, esclude dal processo di valutazione ambientale strategica (VAS) le varianti di limitate dimensioni regolate dal medesimo articolo 16-bis nonché le specifiche varianti di cui alle lettere a), b) e c). La disciplina della VAS - contenuta nel D.Lgs. n. 152 del 2006 in attuazione dei principi comunitari contenuti nella direttiva 27 giugno 2001, n. 2001/42/CE - attiene alla materia "tutela dell'ambiente" di competenze legislativa esclusiva dello Stato. Le disposizioni legislative statali adottate in tale ambito fungono da limite alla disciplina che le Regioni, anche a statuto speciale, dettano nei settori di loro competenza, essendo ad esse consentito soltanto eventualmente di incrementare i livelli della tutela ambientale, senza però compromettere il punto di equilibrio tra esigenze contrapposte espressamente individuato dalla norma dello Stato. Specifici interventi del legislatore regionale sono ammessi nei soli casi in cui essi, pur intercettando gli interessi ambientali, risultano espressivi di una competenza propria della Regione, fermo restando che tali interventi non possono giungere fino a invertire le scelte che il legislatore statale ha adottato in merito alla sottoposizione a VAS di determinati piani e programmi e che, in ogni caso, sono largamente condizionate dai vincoli derivanti dal diritto dell'Unione. La norma censurata, escludendo le ricordate varianti non sono dal processo di VAS ma anche dalla stessa verifica di assoggettabilità, contrasta con la tutela approntata dal D.Lgs. 152 del 2006 in base al quale la necessità del ricorso alla procedura di VAS o di assoggettabilità dipende non già da un dato meramente quantitativo riferito alle dimensioni di interventi la cui inoffensività sull'ambiente sia aprioristicamente ed astrattamente affermata in ragione della loro modesta entità, bensì dalla accertata significatività dell'impatto sull'ambiente e sul patrimonio culturale che tali interventi (seppure non estesi) concretamente hanno capacità di produrre (come espressamente previsto dal comma 1 dell'art. 6 del D.Lgs. n. 152 del 2006). Non assume alcun rilievo, inoltre, l'inciso contenuto nel primo periodo della norma censurata, secondo cui, per le varianti che determinano l'uso a livello locale di aree di limitate dimensioni, resta ferma l'applicazione della disciplina in materia di VIA (comma 6, primo periodo) in quanto è erroneo il convincimento dell'assoluta assimilazione di oggetto tra VAS e VIA. (Rimangono assorbiti gli ulteriori profili). - Sullo ius superveniens fortemente innovativo rispetto alla precedente normativa oggetto di censura e, pertanto, non soggetto ad un trasferimento della questione, vedi le citate sentenze nn. 87/2014, 44/2014 e 23/2014. - Sull'affermazione in base alla quale la verifica della conformità della norma impugnata alle regole di competenza interna è preliminare al controllo del rispetto dei principi comunitari, v. le citate sentenze nn. 245/2013, 127/2010 e 120/2010. - Sulla riconducibilità della disciplina della VAS nella materia "tutela dell'ambiente" di competenza esclusiva dello Stato, v. le sentenze n. 227/2011, 192/2011, 129/2011 e 33/2011. - Sulla possibilità per le Regioni, anche a statuto speciale, soltanto eventualmente di incrementare i livelli della tutela ambientale, senza però compromettere il punto di equilibrio tra esigenze contrapposte espressamente individuato dalla norma dello Stato, v. le citate sentenze nn. 300/2013, 145/2013, 58/2013, 66/2012 e 225/2009). - Sui limiti entro i quali le Regioni possono intervenire in materia ambientale, senza invertire le scelte che il legislatore statale ha adottato, anche in quanto condizionate dai vincoli derivanti dal diritto dell'Unione, v. le sentenze nn. 58/2013 e 398/2006. - Sull'impossibilità di assimilare in modo assoluto gli istituti concettualmente distinti della VAS e della VIA, per quanto connessi, v. le sentenze nn. 58/2013 e 227/2011.

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