Corte dei Conti sentenza n. 216 del 25 novembre 2014

(9 massime)

(massima n. 1)

L'autorizzazione prevista dall'art. 53 comma 7 D.Lgs. n. 165 del 2001 è volta a verificare, in concreto: l'esistenza di eventuali situazioni di conflittualità tra le funzioni assegnate al singolo dipendente e gli interessi della struttura di appartenenza; la compatibilità del nuovo impegno con i carichi di lavoro del dipendente e della struttura di appartenenza nonché con le mansioni e le posizioni di responsabilità attribuite al dipendente stesso; la occasionalità o saltuarietà del nuovo incarico; la materiale compatibilità, in termini di impegno, del nuovo incarico con il rapporto di pubblico impiego; le specificità attinenti alla posizione del dipendente stesso e la corrispondenza fra il livello di professionalità posseduto dal dipendente e la natura dell'incarico esterno a lui affidato.

(massima n. 2)

L'inosservanza del divieto posto dall'art. 53 comma 7 D.Lgs. n. 165 del 2001 impone al lavoratore che ha disatteso l'obbligo di esclusività del rapporto di pubblico impiego, il versamento, a favore all'amministrazione di appartenenza, del compenso dovuto per le prestazioni non autorizzate. Qualora il lavoratore non abbia ancora percepito dette somme, l'amministrazione di appartenenza potrà invece agire direttamente nei confronti dell'erogatore esterno.

(massima n. 3)

Il versamento alla propria amministrazione di compensi extraistituzionali percepiti da un pubblico dipendente privo dell'autorizzazione allo svolgimento di incarichi esterni previsto dall'art. 53 comma 7 D.Lgs. n. 165 del 2001, va calcolato tenendo conto del netto e non del lordo percepito dal lavoratore.

(massima n. 4)

La sanzione prevista dall'art. 53 comma 7 D.Lgs. n. 165 del 2001 non riveste natura penale, in quanto l'espletamento di una occasionale attività extralavorativa, non avendo una offensività elevata, renderebbe sproporzionate le conseguenze derivanti da tale tipo di sanzione. Si tratta, pertanto, di una sanzione prettamente amministrativa, rafforzativa di quella disciplinare ed avente una ragionevole "ratio" preventiva e dissuasiva.

(massima n. 5)

La previsione dell'art. 53 comma 7 D.Lgs. n. 165 del 2001 di una sanzione amministrativa in aggiunta a quella disciplinare rafforza la finalità di prevenire e reprimere condotte che possono porsi in contrasto con il buon andamento e l'imparzialità della P.A. e dei suoi funzionari (art. 98 Cost.). Uno Stato può infatti imporre una doppia sanzione (fiscale e penale, amministrativa e penale, amministrativa e disciplinare) per gli stessi fatti, purché le misure punitive abbiano diversa natura e diversi fini.

(massima n. 6)

La controversia concernente il mancato versamento, all'amministrazione di appartenenza, delle somme indebitamente percepite dal lavoratore per lo svolgimento di attività extraistituzionali rappresenta una ipotesi di responsabilità erariale tipica che radica la giurisdizione in capo alla Corte dei Conti.

(massima n. 7)

Il regime autorizzatorio previsto dall'art. 53 comma 7 D.Lgs. n. 165 del 2001 risponde all'esigenza di consentire al datore di lavoro di valutare la compatibilità dell'attività extralavorativa eventualmente esercitata dal dipendente pubblico, con il corretto e puntuale espletamento, in modo terzo ed imparziale, della prestazione contrattualmente dovuta dal lavoratore alla P.A., in ossequio anche al principio costituzionale di tendenziale esclusività (art. 98 Cost.) e di buon andamento ed imparzialità dell'azione amministrativa (art. 97 Cost.).

(massima n. 8)

Nel pubblico impiego, il divieto di espletare incarichi extraistituzionali è attenuato dalle disposizioni contenute nel comma 7 e nel comma 6 dell'art. 53 D.Lgs. n. 165 del 2001, in base alle quali al dipendente pubblico è concesso, rispettivamente, di svolgere attività occasionali "liberalizzate" o espletabili previa autorizzazione datoriale, ovvero attività liberamente esercitabili anche senza previa autorizzazione, in quanto espressive di basilari libertà costituzionali.

(massima n. 9)

Il rapporto di lavoro con il datore pubblico è caratterizzato, a differenza di quello privato, dal c.d. regime delle incompatibilità, in base al quale al dipendente pubblico è preclusa la possibilità di svolgere attività extralavorative. La ratio di tale divieto risiede nel principio costituzionale di esclusività della prestazione lavorativa a favore del datore pubblico, per preservare le energie del lavoratore e per tutelare il buon andamento della P.A., che risulterebbe turbato dall'espletamento da parte di propri dipendenti di attività imprenditoriali caratterizzate da un nesso tra lavoro, rischio e profitto.

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