Consiglio di Stato Sez. V sentenza n. 5047 del 17 ottobre 2013

(2 massime)

(massima n. 1)

Nel campo del pubblico impiego, il diritto alla retribuzione corrispondente alle mansioni superiori effettivamente svolte è stato introdotto con carattere di generalità, nel rispetto dei precetti costituzionali, dall'art. 15 del D.Lgs. n. 387 del 1998, a decorrere dalla sua entrata in vigore (22 novembre 1998), con norma avente natura innovativa e non ricognitiva o retroattiva, ferma restando la necessità di una determinazione formale dell'Amministrazione e della vacanza del posto in organico; sicché, prima del 22 novembre 1998, quando non vi fosse una specifica normativa speciale che disponesse altrimenti, lo svolgimento da parte del pubblico dipendente di mansioni superiori rispetto a quelle dovute sulla base del provvedimento di nomina o di inquadramento costituiva circostanza irrilevante, oltre che ai fini della progressione in carriera, anche ai fini economici.

(massima n. 2)

Non è configurabile l'azione di indebito arricchimento prevista dall'art. 2041 cod. civ. nel caso di svolgimento di fatto di mansioni superiori da parte del pubblico dipendente, atteso che, mentre l'azione de qua postula, quale indefettibile presupposto, un'effettiva diminuzione patrimoniale sofferta in conseguenza dei fatti dedotti a sostegno della pretesa, nel caso considerato il dipendente non sopporta alcun depauperamento che lo legittimi all'esercizio dell'azione ex art. 2041, c.c.

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