Cassazione civile Sez. I sentenza n. 3384 del 12 febbraio 2008

(1 massima)

(massima n. 1)

Qualora nel corso della lite amministrativa pendente, il giudice dichiari, con provvedimento adottato secondo la procedura di cui all'art. 26, ultimo comma, L. 1034/1971, come modificato dall'art. 9 L. 205/2000, la cessazione della materia del contendere, con compensazione delle spese, in considerazione dell'avvenuta composizione degli interessi sostanziali delle parti che abbia comportato il venir meno del contenzioso relativo alla controversia giudiziaria instauratasi, la contestazione da parte dell'ente in ordine alla mancata condanna di controparte al pagamento delle spese processuali, se connotata, alla stregua dei compiuti accertamenti di fatto, da caratteri di strumentale artificiosità, finalizzata alla conservazione di una situazione di fatto diretta a danneggiare l'eletto medesimo, quale la prosecuzione della pendenza della lite al fine di consentire la pronuncia di decadenza del consigliere eletto per incompatibilità ex art. 63, comma 1, n. 4, D.Lgs. 267/2000, può essere considerata inidonea a configurare, da sola, quella situazione di «pendenza sostanziale della lite» prevista quale causa d'incompatibilità per l'esercizio della carica di consigliere comunale. L'art. 63, comma 1, n. 4, D.Lgs. 267/2000, nel disciplinare l'incompatibilità per lite pendente, ha attribuito rilievo determinante all'attuale pendenza di un'effettiva controversia giudiziaria, quale espressione processuale di una reale situazione di conflitto di interessi tra l'eletto e l'ente territoriale, e non semplicemente alla lite potenziale o al contrasto, reale o potenziale, di interessi, tale da determinare una situazione di conflitto tra eletto ed ente pubblico, anche se non formalizzato in una contesa giudiziaria in atto, con la conseguenza che l'incompatibilità in questione va accertata con riferimento al concetto tecnico di parte di una controversia effettiva, sul piano processuale e sostanziale, che non è riferibile alla diversa figura del soggetto genericamente interessato all'esito della lite per le ricadute che possano derivargli. Il giudice del contenzioso elettorale, davanti al quale venga dedotta la questione, deve valutare la sussistenza in concreto, sia sul piano processuale che su quello sostanziale, di tale effettiva pendenza, restando invece irrilevante la pura e semplice constatazione del mero dato formale dell'esistenza di un procedimento civile o amministrativo tra l'eletto e l'ente, in mancanza di una concreta contrapposizione di parti e di una reale situazione di conflitto di interessi. Ai fini della rimozione della causa d'incompatibilità per lite pendente, prevista dall'art. 63, comma 1, n. 4, D.Lgs. 267/2000, è necessario e sufficiente che il soggetto, il quale versi in una siffatta situazione, ponga in essere atti idonei, anche se non formalmente perfetti rispetto alla specifica disciplina che eventualmente li regoli, a far venir meno nella sostanza l'incompatibilità d'interessi realizzatasi a seguito dell'instaurazione della lite medesima. E poiché il sostanziale e incondizionato abbandono della vertenza elimina in radice la ragione di incompatibilità, la causa d'incompatibilità per lite pendente può essere esclusa in presenza di atti implicanti il sostanziale venir meno del conflitto, o il carattere pretestuoso della lite, inteso come artificiosa e maliziosa creazione o conservazione di una situazione di fatto diretta a danneggiare l'eletto.

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