(massima n. 1)
            Qualora nel corso della lite amministrativa pendente, il giudice dichiari, con provvedimento adottato secondo la procedura di cui all'art. 26, ultimo comma, L. 1034/1971, come  modificato  dall'art.  9  L.  205/2000,  la  cessazione della materia del contendere,  con compensazione  delle spese,  in  considerazione  dell'avvenuta  composizione degli  interessi  sostanziali  delle  parti  che  abbia comportato  il  venir  meno  del  contenzioso  relativo  alla controversia  giudiziaria  instauratasi, la  contestazione da parte dell'ente in ordine alla mancata condanna di controparte  al  pagamento  delle  spese  processuali, se connotata, alla stregua dei compiuti accertamenti di  fatto,  da  caratteri  di  strumentale  artificiosità, finalizzata  alla  conservazione  di  una  situazione  di fatto  diretta  a  danneggiare  l'eletto  medesimo,  quale la  prosecuzione  della  pendenza  della  lite  al  fine  di consentire la pronuncia di decadenza del consigliere eletto  per  incompatibilità  ex  art.  63,  comma  1,  n.  4, D.Lgs. 267/2000,  può  essere  considerata inidonea  a configurare, da sola, quella situazione di «pendenza sostanziale  della  lite»  prevista  quale  causa d'incompatibilità  per  l'esercizio  della  carica  di consigliere comunale. L'art. 63, comma 1, n. 4, D.Lgs. 267/2000,  nel  disciplinare  l'incompatibilità  per  lite pendente, ha attribuito rilievo  determinante  all'attuale pendenza  di  un'effettiva  controversia  giudiziaria, quale  espressione  processuale  di  una  reale situazione di conflitto di interessi tra l'eletto e l'ente territoriale, e  non  semplicemente alla  lite potenziale o  al  contrasto,  reale  o  potenziale,  di  interessi,  tale  da determinare una situazione di conflitto tra eletto ed ente pubblico,  anche  se  non  formalizzato  in  una  contesa giudiziaria  in  atto,  con  la  conseguenza  che l'incompatibilità in questione va accertata con riferimento al concetto tecnico di parte di una controversia effettiva, sul piano processuale e sostanziale, che non è riferibile alla  diversa  figura  del  soggetto  genericamente interessato all'esito della lite per le ricadute che possano derivargli. Il giudice del contenzioso elettorale, davanti al quale  venga  dedotta  la  questione,  deve  valutare  la sussistenza in concreto, sia sul piano processuale che su quello sostanziale,  di  tale  effettiva  pendenza,  restando invece  irrilevante  la  pura  e  semplice  constatazione  del mero  dato  formale  dell'esistenza  di  un  procedimento civile o amministrativo tra l'eletto e l'ente, in mancanza di una  concreta  contrapposizione  di  parti  e  di  una  reale situazione di conflitto di interessi. Ai fini della rimozione della causa d'incompatibilità per lite pendente, prevista  dall'art.  63,  comma  1,  n.  4,  D.Lgs.  267/2000, è necessario e sufficiente che il soggetto, il quale versi in  una siffatta situazione, ponga  in  essere  atti  idonei, anche se non formalmente perfetti rispetto alla specifica disciplina che eventualmente li regoli, a far  venir meno nella sostanza l'incompatibilità d'interessi realizzatasi  a  seguito  dell'instaurazione  della  lite medesima. E  poiché  il  sostanziale  e  incondizionato abbandono della vertenza elimina in radice la ragione di incompatibilità,  la causa  d'incompatibilità  per lite pendente  può  essere  esclusa  in  presenza  di  atti implicanti  il  sostanziale  venir  meno  del  conflitto,  o  il carattere pretestuoso della lite, inteso come artificiosa e maliziosa creazione o conservazione di una situazione di fatto diretta a danneggiare l'eletto.