Consiglio di Stato Sez. VI sentenza n. 1770 del 13 aprile 2017

(2 massime)

(massima n. 1)

L'art. 31, co. 5, del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 - T.U. edilizia (il quale prevede che "L'opera acquisita è demolita con ordinanza del dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale a spese dei responsabili dell'abuso, salvo che con deliberazione consiliare non si dichiari l'esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l'opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell'assetto idrogeologico"), offre una via di uscita, consentendo, di fatto, alla mano pubblica ciò che non è permesso alla parte privata rispetto alla soluzione finale della demolizione dell'edificazione abusiva, permettendo che - questa volta in mano pubblica - l'edificazione non legittima resti pur sempre in situ. Per l'effetto di essa, l'integrità del territorio leso non risulta comunque ricostituita; di contro, delle risultanze della lesione (l'edificazione non legittima) gode un'intera comunità.

(massima n. 2)

È legittima una delibera con la quale un Comune, in sede di esecuzione del giudicato che aveva annullato una concessione edilizia, in applicazione dell'art. 31, co. 5, del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, ha deciso di non procedere alla demolizione del fabbricato, rinvenendo un "prevalente interesse pubblico" nella soluzione di incapsulare in parte del piano terra dell'edificio non legittimo (per il resto costituito, per quanto consta, da un condominio a tutti gli effetti) uffici pubblici, destinati per loro natura alla fruizione collettiva. Con tale soluzione l'ente locale ha anche risolto un problema non secondario, di cui non s'è fatto carico il contenzioso pregresso: dove ricollocare i privati proprietari delle unità immobiliari sovrastanti detto piano terra.

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