Corte costituzionale sentenza n. 231 del 3 novembre 2016

(7 massime)

(massima n. 1)

La definizione delle categorie di interventi edilizi a cui si collega il regime dei titoli abilitativi costituisce principio fondamentale della materia concorrente del "governo del territorio", vincolando la legislazione regionale di dettaglio; cosicché, pur non essendo precluso al legislatore regionale di esemplificare gli interventi edilizi che rientrano nelle definizioni statali, tale esemplificazione, per essere costituzionalmente legittima, deve essere coerente con le definizioni contenute nel testo unico dell'edilizia.

(massima n. 2)

L'art. 6 del T.U. edilizia identifica le categorie di interventi edilizi c.d. "liberi", ovvero non condizionati al previo ottenimento di un assenso da parte dell'amministrazione, distinguendo: le attività libere per le quali l'interessato è del tutto esonerato da oneri (art. 6, comma 1); le attività libere per le quali viene prescritta una comunicazione dell'interessato di inizio dei lavori, cosiddetto "cil" (art. 6, comma 2); le attività libere che richiedono comunicazione di inizio dei lavori asseverata da tecnico abilitato, cosiddetto "cila" (art. 6, comma 4). Nel novero delle attività completamente deformalizzate, il T.U. edilizia include "gli interventi di manutenzione ordinaria", definiti come "gli interventi edilizi che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti" (art. 3, comma 1, lettera a, del T.U. edilizia).

(massima n. 3)

In tema di attività edilizia c.d. "libera", il limite assegnato al legislatore regionale dall'art. 6, comma 6, lettera a), del D.P.R. n. 380 del 2001 sta nella possibilità di estendere i casi di attività edilizia libera ad ipotesi non integralmente nuove, ma "ulteriori", ovvero coerenti e logicamente assimilabili agli interventi di cui ai commi 1 e 2 del medesimo art. 6. Le regioni possono sì estendere la disciplina statale dell'edilizia libera ad interventi "ulteriori" rispetto a quelli previsti dai commi 1 e 2 dell'art. 6 del TUE, ma non anche differenziarne il regime giuridico, dislocando diversamente gli interventi edilizi tra le attività deformalizzate, soggette a cil e cila.

(massima n. 4)

La disciplina delle distanze minime tra costruzioni rientra nella materia dell'ordinamento civile e, quindi, attiene alla competenza legislativa statale; alle Regioni è consentito fissare limiti in deroga alle distanze minime stabilite nelle normative statali, solo a condizione che la deroga sia giustificata dall'esigenza di soddisfare interessi pubblici legati al governo del territorio; dunque, se da un lato non può essere del tutto esclusa una competenza legislativa regionale relativa alle distanze tra gli edifici, dall'altro essa, interferendo con l'ordinamento civile, è rigorosamente circoscritta dal suo scopo - il governo del territorio - che ne detta anche le modalità di esercizio.

(massima n. 5)

È illegittima, per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera m), e terzo comma, Cost., in riferimento all'art. 10, comma 1, lettera c), del T.U. edilizia, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, comma 11, secondo trattino, della Legge Reg. Liguria n. 12 del 2015, con il quale è stata sostituita la lettera e) del comma 1, dell'art. 21-bis della legge Reg. n. 16 del 2008. In virtù di tale modifica la ristrutturazione edilizia comportante incrementi della superficie all'interno delle singole unità immobiliari o dell'edificio "con contestuali modifiche all'esterno" è stata assoggettata a SCIA. Tale norma regionale, assoggettando a SCIA gli interventi di ristrutturazione edilizia con "contestuali modifiche all'esterno", si pone in evidente contrasto con l'art. 10, comma 1, lettera c), del T.U. edilizia, costituente principio fondamentale della materia "governo del territorio", il quale prevede che gli interventi di ristrutturazione edilizia comportanti modifiche "dei prospetti" sono assoggettati a permesso di costruire o a DIA alternativa (art. 22, comma 3, lettera a, del T.U.E.). La modifica dei prospetti (ovvero, del fronte o della facciata) comporta infatti inevitabilmente una modifica "all'esterno" dell'edificio.

(massima n. 6)

È illegittimo l'art. 6, comma 15, della Legge Reg. Liguria n. 12 del 2015, nella parte in cui assoggetta obbligatoriamente a DIA gli "interventi [di ristrutturazione edilizia] comportanti mutamenti della destinazione d'uso aventi ad oggetto immobili compresi nelle zone omogenee A o nelle zone o ambiti ad esse assimilabili e non rientranti nei casi di cui al ridetto articolo 21-bis, comma 1, lettera f)", per violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost., in riferimento all'art. 10, comma 1, lettera c), del T.U.E. Infatti, l'art. 10, comma 1, lettera c), del T.U.E., subordina a permesso di costruire la realizzazione delle opere di ristrutturazione edilizia sugli immobili compresi nelle zone omogenee A, che comportino mutamenti della destinazione d'uso. Per la stessa tipologia di opere, l'art. 22, comma 3, del T.U.E. consente all'interessato, per ragioni di carattere acceleratorio, di optare per la presentazione della DIA (cosiddetta "super DIA"). Tale facoltà esaurisce i propri effetti sul piano esclusivamente procedimentale, mentre sul piano sostanziale dei presupposti, nonché su quello penale e contributivo, resta ferma l'applicazione della disciplina dettata per il permesso di costruire.

(massima n. 7)

E' illegittimo l'art. 6, commi 20 e 21, primo trattino, della Legge Reg. Liguria n. 12 del 2015 , il quale esonera dal contributo di costruzione due categorie di intervento che secondo la legge statale devono invece restare soggette a contribuzione, nei termini fissati dal T.U. edilizia: gli interventi sul patrimonio edilizio esistente che determinano un aumento della superficie agibile dell'edificio o delle singole unità immobiliari, quando l'incremento della superficie agibile all'interno delle unità immobiliari sia inferiore a 25 metri quadrati, e quando le variazioni di superficie derivino da mera eliminazione di muri divisori; gli interventi di frazionamento di unità immobiliari che determinino un numero di unità immobiliari inferiore al doppio di quelle esistenti, sia pure con aumento di superficie agibile.

Hai un dubbio o un problema su questo argomento?

Scrivi alla nostra redazione giuridica

e ricevi la tua risposta entro 5 giorni a soli 29,90 €

Nel caso si necessiti di allegare documentazione o altro materiale informativo relativo al quesito posto, basterà seguire le indicazioni che verranno fornite via email una volta effettuato il pagamento.