Consiglio di Stato Sez. IV sentenza n. 897 del 27 febbraio 2017

(3 massime)

(massima n. 1)

In sede di risarcimento dei danni derivati dall'occupazione di un terreno da parte della P.A., non è richiesta la prova rigorosa della proprietà (c.d. "probatio diabolica"), atteso che oggetto della pretesa azionata è non già il diretto e rigoroso accertamento della proprietà del fondo, bensì l'individuazione del titolare del bene avente diritto al risarcimento, potendo il convincimento del giudice in ordine alla legittimazione alla pretesa risarcitoria formarsi sulla base di qualsiasi elemento documentale e presuntivo sufficiente ad escludere un'erronea destinazione del pagamento dovuto.

(massima n. 2)

In tema di danno da occupazione illegittima di un immobile, il danno è da ritenere "in re ipsa", essendo ricollegato alla perdita di disponibilità del bene, la cui natura è naturalmente fruttifera, e alla impossibilità di conseguire l'utilità da esso ricavabile nell'esercizio delle facoltà di godimento e disponibilità, insite nel diritto dominicale. L'esistenza di un danno costituisce, così, oggetto di una presunzione "iuris tantum", superabile ove sì accerti che il proprietario si sia intenzionalmente disinteressato dell'immobile.

(massima n. 3)

Nei debiti di valore i cosiddetti interessi compensativi costituiscono una mera modalità liquidatoria del danno causato dal ritardato pagamento dell'equivalente monetario attuale della somma dovuta all'epoca dell'evento lesivo. Tale danno sussiste solo quando, dal confronto comparativo in unità di pezzi monetari tra la somma rivalutata riconosciuta al creditore al momento della liquidazione e quella di cui egli disporrebbe se (in ipotesi tempestivamente soddisfatto) avesse potuto utilizzare l'importo allora dovutogli secondo le forme considerate ordinarie nella comune esperienza ovvero in impieghi più remunerativi, la seconda ipotetica somma sia maggiore della prima, solo in tal caso potendosi ravvisare un danno da ritardo, indennizzabile in vario modo, anche mediante il meccanismo degli interessi, mentre in ogni altro caso il danno va escluso. Il giudice del merito è tenuto a motivare il mancato riconoscimento degli interessi compensativi solo quando sia stato espressamente sollecitato mediante l'allegazione della insufficienza della riva- lutazione ai fini del ristoro del danno da ritardo secondo il criterio sopra precisato".

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