Cassazione civile Sez. V sentenza n. 940 del 22 gennaio 2003

(1 massima)

(massima n. 1)

Il divieto di premi in danaro in concorsi banditi da privati, posto dall'art. 51 del R.D.L. 19 ottobre 1938, n. 1933, convertito in legge 5 giugno 1939, n. 973, opera soltanto sul piano della necessaria autorizzazione amministrativa e non svolge alcuna influenza sul rapporto fra il soggetto che ha bandito il concorso ed il soggetto vincitore, sicché a tale rapporto si applicano tutte le norme ed i principi in tema di obbligazioni e, in particolare, quelli in tema di risarcimento del danno in forma pecuniaria, in caso di inadempimento dell'obbligazione di consegna, a titolo di premio, di beni mobili determinati. La reintegrazione del diritto leso mediante il risarcimento in danaro rappresenta infatti, alla luce dei principi posti dall'art. 24 Cost., un naturale e necessario mezzo per assicurare, in via giurisdizionale, la tutela dell'interesse sostanziale che non ha ottenuto, o non può ottenere, soddisfacimento attraverso la prestazione cui il soggetto si era originariamente obbligato, di talché la sua negazione si traduce nell'esclusione della pienezza della tutela del diritto, la quale va assicurata non solo con gli strumenti processuali, ma anche, e soprattutto, sul piano sostanziale.

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