Corte costituzionale sentenza n. 38 del 1 marzo 2018

(6 massime)

(massima n. 1)

Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri la previsione di una clausola risolutiva automatica del rapporto di pubblico impiego si porrebbe in contrasto con l'art. 4, primo comma, della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia) che, nell'attribuire alla Regione l'esercizio della potestà legislativa esclusiva in materia di ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla Regione e di stato giuridico ed economico del personale addetto, imporrebbe che il suo esercizio avvenga in conformità con i principi generali dell'ordinamento giuridico, di cui costituirebbero espressione l'art. 19, comma 1-ter, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), secondo cui la revoca degli incarichi dirigenziali nel pubblico impiego può essere disposta solo nel caso di mancato raggiungimento degli obiettivi prefissati o di inosservanza di direttive, e l'art. 2119 del codice civile, che esclude che le difficoltà economiche del datore di lavoro possano integrare un motivo di recesso per giusta causa dal rapporto di lavoro.

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(massima n. 2)

L'art. 12, comma 6, della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia n. 18 del 2016 sarebbe, altresì, in contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera I), Cost., poiché il rapporto di lavoro contrattualizzato del dipendente pubblico, anche regionale, rientrerebbe nella materia "ordinamento civile", di competenza esclusiva del legislatore nazionale, la cui disciplina deve essere uniforme su tutto il territorio nazionale, mentre la clausola risolutiva avrebbe applicazione nel solo territorio della Regione.

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(massima n. 3)

Quanto all'art. 21 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 18 del 2016, il Presidente del Consiglio dei ministri lo ritiene in contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera o), Cost. e con l'art. 6 dello statuto speciale regionale, poiché avrebbe introdotto un istituto giuridico nuovo nell'ambito della previdenza sociale, materia di competenza esclusiva del legislatore statale, rispetto alla quale la Regione ha una competenza statutaria meramente attuativa e integrativa; nonché con l'art. 81 Cost., poiché non sarebbe stata prevista idonea copertura finanziaria della spesa derivante dalla sua applicazione.

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(massima n. 4)

L'art. 12, comma 6, della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 18 del 2016 è stato abrogato dall'art. 9, comma 2, lettera c), della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 21 aprile 2017, n. 9 (Funzioni onorifiche delle soppresse Province e altre norme in materia di enti locali, Centrale unica di committenza regionale, personale del Comparto unico del pubblico impiego regionale e locale, trasporti e infrastrutture), con effetto satisfattivo del ricorrente e senza che la norma oggetto di censura di costituzionalità abbia mai avuto applicazione, poiché la legge abrogatrice è entrata in vigore il 27 aprile 2017, mentre, ai sensi dell'art. 59 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 18 dei 2016, l'entrata in vigore dell'art. 12, oggetto di impugnativa, era stata differita al 1° giugno 2017.

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(massima n. 5)

L'art. 21 cit., invece, sembrerebbe porsi nell'alveo di una consolidata tendenza dell'ordinamento, volta a favorire un graduale avvicendamento occupazionale mediante l'apertura di prospettive di nuove assunzioni derivanti dalla proporzionale riduzione dei rapporti di lavoro esistenti con lavoratori anziani.

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(massima n. 6)

Secondo il ricorrente una siffatta disciplina involve profili, di competenza statale, relativi alla materia della previdenza sociale.

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