Consiglio di Stato Sez. V sentenza n. 4977 del 30 ottobre 2015

(4 massime)

(massima n. 1)

Nel processo amministrativo è inammissibile, per la prima volta nel giudizio di appello, l'introduzione di produzioni documentali e doglianze ulteriori rispetto a quelle che, proposte con atti ritualmente notificati, hanno delimitato il perimetro del thema decidendum vel probandum, ampliando in tal modo impropriamente la causa petendi della domanda originaria.

(massima n. 2)

Le pronunce integrative del giudicato (che danno luogo al fenomeno del c.d. giudicato "a formazione progressiva") possono essere emesse dal giudice amministrativo adito in sede di ottemperanza solo ove si tratti di dare esecuzione a sentenze del giudice amministrativo e non anche quando la controversia riguardi sentenze di giudici appartenenti ad altre giurisdizioni; in quest'ultimo caso, infatti, i momenti di cognizione ammessi possono essere solo quelli strettamente consequenziali o connessi al giudicato, non essendo concepibili momenti di cognizione autonomi, in relazione a sopravvenienze o spazi lasciati bianchi dal giudicato, perché diversamente ragionando si altererebbero le regole sul riparto di giurisdizione e l'ottemperanza diventerebbe la sede per attribuire al giudice amministrativo spazi di cognizione riservati ad altre giurisdizioni.

(massima n. 3)

Il potere interpretativo del giudicato, che è consustanziale al giudizio di ottemperanza in quanto giudizio d'esecuzione e quindi può incidere anche su diritti soggettivi, quando concerne pronunce di un ordine giudiziario diverso dal giudice dell'ottemperanza, si deve esercitare solo sugli elementi interni del giudicato stesso e non su questioni, domande o vicende esterne al giudicato, la cui valutazione spetta alla cognizione del giudice munito di giurisdizione; in sede interpretativa, quindi, la potestas iudicandi del giudice amministrativo è limitata alla sola interpretazione del contenuto dei giudicato con esclusione di un sindacato integrativo basato su elementi esterni e sopravvenuti.

(massima n. 4)

L'esigenza di certezza, propria del giudicato, ossia di un assetto consolidato degli interessi coinvolti, non può proiettare l'effetto vincolante nei riguardi di tutte le situazioni sopravvenute di riedizione di un potere, ove questo, pur prendendo atto della decisione del giudice, coinvolga situazioni nuove e non contemplate in precedenza. La questione si pone invece ove la riedizione del potere si concreti nel valutare differentemente, in base ad una nuova prospettazione, situazioni che, esplicitamente o implicitamente, siano state oggetto di esame da parte del giudice; in tal caso non può escludersi in via generale la rivalutazione dei fatti sottoposti all'esame del giudice.

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