Cassazione civile Sez. III sentenza n. 1070 del 2 febbraio 2000

(2 massime)

(massima n. 1)

In relazione al principio della libera determinazione convenzionale del canone locativo per gli immobili destinati ad uso non abitativo, la clausola convenzionale che prevede la determinazione del canone in misura differenziata e crescente per frazioni successive di tempo nell’arco del rapporto, per essere secondum legem (artt. 32 e 79 della legge sull’equo canone) deve chiaramente riferirsi ad elementi predeterminati desumibili dal contratto, ed idonei ad influire sull’equilibrio economico del rapporto, in modo autonomo dalle variazioni annue del potere di acquisto della lira; mentre è contra legem, e come tale, radicalmente nulla per violazione di norma imperativa se costituisce un espediente diretto a neutralizzare gli effetti della svalutazione monetaria, con conseguente squilibrio del rapporto sinallagmatico e violazione dei limiti quantitativi previsti dal sistema normativo. L’interpretazione di tale clausola deve dunque tener conto dell’intero contesto delle clausole contrattuali ed anche del comportamento contrattuale ed extracontrattuale delle parti contraenti.

(massima n. 2)

Nel caso di clausola convenzionale di aumento del canone locativo per gli immobili destinati ad uso non abitativo, con la specificazione di elementi predeterminati ed evidenziati nel contratto, l’onere di provare la sua conformità al sistema normativo incombe a chi se ne giova, e cioè al locatore.

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