Consiglio di Stato Sez. Ad. Plen. sentenza n. 6 del 11 maggio 2018

(1 massima)

(massima n. 1)

È rimesso alla Corte di Giustizia il quesito interpretativo se l'art. 1 par. 1, com. 3, e l'art. 3, della direttiva 89/665/CEE, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all'applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 dicembre 2007, possa essere interpretato nel senso che esso consente che allorché alla gara abbiano partecipato più imprese e le stesse non siano state invocate in giudizio (e comunque avverso alle offerte di talune di queste non sia stata proposta impugnazione) sia rimessa al Giudice, in virtù dell'autonomia processuale riconosciuta agli Stati membri, la valutazione della concretezza dell'interesse dedotto con ricorso principale da parte del concorrente destinatario di un ricorso incidentale escludente reputato fondato, utilizzando gli strumenti processuali posti a disposizione dell'ordinamento, e rendendo così armonica la tutela di detta posizione soggettiva rispetto ai consolidati principi nazionali in punto di domanda di parte (art. 112 c.p.c.), prova dell'interesse affermato (art. 2697 c.c.), limiti soggettivi del giudicato che si forma soltanto tra le parti processuali e non può riguardare la posizione dei soggetti estranei alla lite (art. 2909 c.c.).

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