Consiglio di Stato Sez. Ad. Plen. sentenza n. 2 del 12 maggio 2017

(8 massime)

(massima n. 1)

Nel caso di mancata aggiudicazione, il danno conseguente al lucro cessante si identifica con l'interesse c.d. positivo, che ricomprende sia il mancato profitto (che l'impresa avrebbe ricavato dall'esecuzione dell'appalto), sia il danno c.d. curricolare (ovvero il pregiudizio subito dall'impresa a causa del mancato arricchimento del curriculum e dell'immagine professionale per non poter indicare in esso l'avvenuta esecuzione dell'appalto). Spetta, in ogni caso, all'impresa danneggiata offrire, senza poter ricorrere a criteri forfettari, la prova rigorosa dell'utile che in concreto avrebbe conseguito, qualora fosse risultata aggiudicataria dell'appalto, poiché nell'azione di responsabilità per danni il principio dispositivo opera con pienezza e non è temperato dal metodo acquisitivo proprio dell'azione di annullamento (ex art. 64, commi 1 e 3, c.p.a.), e la valutazione equitativa, ai sensi dell'art. 1226 cod. civ., è ammessa soltanto in presenza di situazione di impossibilità - o di estrema difficoltà - di una precisa prova sull'ammontare del danno.

(massima n. 2)

Nel giudizio amministrativo l'art. 93 D.Lgs. n. 104/2010 (CPA) prevede che, salvo quanto diversamente previsto da speciali disposizioni di legge, l'appello si deve proporre entro il termine perentorio di sessanta giorni decorrenti dalla notificazione della sentenza ovvero, in difetto della notificazione della sentenza, entro sei mesi dalla pubblicazione della sentenza.

(massima n. 3)

La legittimazione a proporre la opposizione di terzo nei confronti di una decisione amministrativa resa tra altri soggetti va riconosciuta ai controinteressati pretermessi tout court; ai controinteressati pretermessi perché sopravvenuti (è il caso dei beneficiari di un atto conseguenziale, quando una sentenza abbia annullato un provvedimento presupposto all'esito di un giudizio cui siano rimasti estranei); ai controinteressati non facilmente identificabili; più in generale ai terzi titolari di una situazione giuridica autonoma ed incompatibile, rispetto a quella riferibile alla parte risultata vittoriosa per effetto della sentenza oggetto di opposizione. Non sono legittimati all'opposizione di terzo i soggetti titolari di una situazione giuridica derivata, ovvero i soggetti interessati solo di riflesso come, ad esempio, i soggetti legati da rapporti contrattuali con i legittimati all'impugnazione.

(massima n. 4)

Dal giudicato amministrativo, quando riconosce la fondatezza della pretesa sostanziale, esaurendo ogni margine di discrezionalità nel successivo esercizio del potere, nasce ex lege, in capo all'Amministrazione, un'obbligazione, il cui oggetto consiste nel concedere "in natura" il bene della vita di cui è stata riconosciuta la spettanza.

(massima n. 5)

L'impossibilità (sopravvenuta) di esecuzione in forma specifica dell'obbligazione nascente dal giudicato - che dà vita in capo all'amministrazione ad una responsabilità assoggettabile al regime della responsabilità di natura contrattuale, che l'art. 112, comma 3, c.p.a., sottopone peraltro ad un regime derogatorio rispetto alla disciplina civilistica - non estingue l'obbligazione, ma la converte, ex lege, in una diversa obbligazione, di natura risarcitoria, avente ad oggetto l'equivalente monetario del bene della vita riconosciuto dal giudicato in sostituzione della esecuzione in forma specifica; l'insorgenza di tale obbligazione può essere esclusa solo dalla insussistenza originaria o dal venir meno del nesso di causalità, oltre che dell'antigiuridicità della condotta.

(massima n. 6)

In base agli articoli 103 Cost. e 7 c.p.a., il giudice amministrativo ha giurisdizione solo per le controversie nelle quali sia parte una pubblica amministrazione o un soggetto ad essa equiparato, con la conseguenza che la domanda che la parte privata danneggiata dall'impossibilità di ottenere l'esecuzione in forma specifica del giudicato proponga nei confronti dell'altra parte privata, beneficiaria del provvedimento illegittimo, esula dall'ambito della giurisdizione amministrativa.

(massima n. 7)

Nel caso di mancata aggiudicazione, il danno conseguente al lucro cessante si identifica con l'interesse c.d. positivo, che ricomprende sia il mancato profitto (che l'impresa avrebbe ricavato dall'esecuzione dell'appalto), sia il danno c.d. curricolare (ovvero il pregiudizio subito dall'impresa a causa del mancato arricchimento del curriculum e dell'immagine professionale per non poter indicare in esso l'avvenuta esecuzione dell'appalto). Spetta, in ogni caso, all'impresa danneggiata offrire, senza poter ricorrere a criteri forfettari, la prova rigorosa dell'utile che in concreto avrebbe conseguito, qualora fosse risultata aggiudicataria dell'appalto, poiché nell'azione di responsabilità per danni il principio dispositivo opera con pienezza e non è temperato dal metodo acquisitivo proprio dell'azione di annullamento (ex art. 64, commi 1 e 3, c.p.a.), e la valutazione equitativa, ai sensi dell'art. 1226 cod. civ., è ammessa soltanto in presenza di situazione di impossibilità - o di estrema difficoltà - di una precisa prova sull'ammontare del danno.

(massima n. 8)

Il mancato utile spetta nella misura integrale, in caso di annullamento dell'aggiudicazione impugnata e di certezza dell'aggiudicazione in favore del ricorrente, solo se questo dimostri di non aver utilizzato o potuto altrimenti utilizzare maestranze e mezzi, in quanto tenuti a disposizione in vista della commessa. In difetto di tale dimostrazione, può presumersi che l'impresa abbia riutilizzato o potuto riutilizzare mezzi e manodopera per altri lavori, a titolo di aliunde perceptum vel percipiendum che trova il suo fondamento normativo nell'articolo 112, comma 3, c.p.a. (nella versione risultante per effetto delle modifiche introdotte dall'art. 1, comma 1, lett. c) d.lgs. 15 novembre 2011, n. 195).

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