Cassazione civile Sez. III sentenza n. 4598 del 16 luglio 1986

(2 massime)

(massima n. 1)

Con l’art. 5 della legge n. 392 del 1978 cosiddetta dell’«equo canone» il legislatore ha effettuato una valutazione dell’importanza dell’inadempimento del conduttore nel pagamento del canone locatizio (o degli oneri accessori) ai fini della risoluzione del contratto, escludendo il potere discrezionale del giudice di cui all’art. 1455 c.c., con la conseguenza che, ove il ritardo nel pagamento si protragga per un periodo inferiore a venti giorni dalla scadenza prevista - ovvero la somma dovuta per onersi accessori non superi l’importo di due mensilità del canone - l’inadempimento, pur sussistente, è di scarsa importanza per una valutazione operata dal legislatore e non comporta, ai sensi dell’art. 1455 c.c. richiamato dallo stesso art. 5, la risoluzione del contratto.

(massima n. 2)

La legge n. 392 del 1978 non ha, neppure implicitamente, abrogato il procedimento per convalida di sfratto di cui agli artt. 657 ss. c.p.c., ma ha apportato - con specifico riferimento allo sfratto per morosità - parziali modifiche, stabilendo modalità e termini entro i quali è consentito al conduttore di sanare la morosità, con l’effetto di impedire, alla prima udienza, la convalida dello sfratto o, successivamente, l’emissione della ordinanza di rilascio, ai sensi dell’art. 665 c.p.c. Conseguentemente, qualora - concesso dal pretore il termine di grazia, di cui all’art. 55 della suddetta legge - l’intimato non provveda a sanare la morosità nel termine perentorio concessogli, detto giudice non è tenuto a decidere con sentenza sulla domanda di risoluzione ma deve prendere atto dell’inosservanza del termine, emettendo l’ordinanza di rilascio dell’immobile, prevista dal successivo art. 56, che ha natura costitutiva circa la risoluzione del rapporto e che, ove pronunciata secondo lo schema procedimentale delle richiamate norme, non assume natura di sentenza e, quindi, non è passibile di essere impugnata con l’appello, restando consentito soltanto il rimedio dell’opposizione tardiva dell’intimato a norma dell’art. 668 c.p.c.

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