Cassazione civile Sez. II sentenza n. 2311 del 10 luglio 1972

(1 massima)

(massima n. 1)

A differenza dell'errore, il quale per sua essenza deve essere valutato nella persona che ne č vittima, il dolo č un fatto che implica una considerazione del contegno del deceptor e delle sue conseguenze sulla conoscenza del deceptus e, pertanto, perché si possa parlare di intenzione di ingannare č necessaria la conoscenza da parte dell'agente delle false rappresentazioni che si producono nella vittima, e la credenza che sia possibile determinare con artifici, menzogne o raggiri, inducendola specificamente in inganno, la volontā altrui. La reticenza e il silenzio non bastano a costituire il dolo se non in rapporto alle circostanze e al complesso del contegno che determina l'errore.

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