Cassazione penale Sez. Unite sentenza n. 9 del 23 giugno 1995

(4 massime)

(massima n. 1)

Poiché, nel processo plurisoggettivo, la valida impugnazione proposta dal coimputato — ancorché sostenuta da motivo non esclusivamente personale — non impedisce che diventi irrevocabile la sentenza relativamente al rapporto concernente l'imputato non impugnante (o l'impugnazione del quale sia stata dichiarata inammissibile), rimane ferma l'esecutorietà delle statuizioni ivi contenute e non può sospendersi il relativo procedimento esecutivo nell'attesa del verificarsi dell'eventuale effetto risolutivo straordinario di cui all'art. 587 c.p.p., in mancanza di disposizioni che attribuiscano un simile potere al giudice dell'esecuzione, né potendosene altrimenti trarne l'esistenza dal sistema penale.

(massima n. 2)

Il fenomeno processuale dell'estensione dell'impugnazione in favore del coimputato non impugnante (o l'impugnazione del quale sia stata dichiarata inammissibile), di cui all'art. 587 c.p.p., opera di diritto come rimedio straordinario che, al verificarsi dell'evento consistente nel riconoscimento, in sede di giudizio conclusivo sul gravame, del motivo non esclusivamente personale dedotto dall'imputato diligente, è idoneo a revocare il giudicato in favore del non impugnante, rendendo questi partecipe del beneficio conseguito dal coimputato; ne deriva conseguentemente che, fino a quando non si sia verificato tale effetto risolutivo, il predetto fenomeno processuale non spiega influenza alcuna sulla esecutorietà della sentenza relativa al rapporto processuale concernente il non impugnante o equiparato.

(massima n. 3)

Il fenomeno processuale dell'estensione dell'impugnazione in favore del coimputato non impugnante (o l'impugnazione del quale sia stata dichiarata inammissibile), di cui all'art. 587 c.p.p., opera di diritto come rimedio straordinario che, al verificarsi dell'evento consistente nel riconoscimento, in sede di giudizio conclusivo sul gravame, del motivo non esclusivamente personale dedotto dall'imputato diligente, è idoneo a revocare il giudicato in favore del non impugnante, rendendo questi partecipe del beneficio conseguito dal coimputato; ne deriva conseguentemente che, fino a quando non si sia verificato tale effetto risolutivo, il predetto fenomeno processuale non spiega influenza alcuna sulla esecutorietà della sentenza relativa al rapporto processuale concernente il non impugnante o equiparato.

(massima n. 4)

Poiché, nel processo plurisoggettivo, la valida impugnazione proposta dal coimputato — ancorché sostenuta da motivo non esclusivamente personale — non impedisce che diventi irrevocabile la sentenza relativamente al rapporto concernente l'imputato non impugnante (o l'impugnazione del quale sia stata dichiarata inammissibile), rimane ferma l'esecutorietà delle statuizioni ivi contenute e non può sospendersi il relativo procedimento esecutivo nell'attesa del verificarsi dell'eventuale effetto risolutivo straordinario di cui all'art. 587 c.p.p., in mancanza di disposizioni che attribuiscano un simile potere al giudice dell'esecuzione, né potendosene altrimenti trarne l'esistenza dal sistema penale.

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