Cassazione penale Sez. III sentenza n. 5360 del 27 maggio 1993

(1 massima)

(massima n. 1)

L'appello incidentale deve avere lo stesso ambito dell'appello principale, deve essere cioè limitato ai punti della decisione investiti dai motivi dell'appello principale, e non può estendersi all'intero capo della sentenza. Infatti l'appello incidentale, che è un mezzo antagonista, senza il confine dei punti investiti dall'appello principale, qualora ad esempio sia esperito dal pubblico ministero, costituirebbe un mezzo di pressione volto ad indurre l'imputato alla rinuncia all'impugnazione. In tale ipotesi, qualora non avesse cioè il confine già detto, questo mezzo di impugnazione violerebbe il principio di parità delle parti, il principio del diritto alla difesa e anche il principio dell'obbligatorietà dell'azione penale: infatti, ancorché il codice riservi ampio spazio alle transazioni processuali delle parti, sicché può affermarsi che l'esigenza di rapida definizione del processo è assunta tra i compiti di giustizia, il principio dell'obbligatorietà dell'azione penale è violato se con l'appello incidentale il pubblico ministero, invece di contraddire implicitamente l'imputato, potesse investire in toto il capo impugnato, potesse cioè fare dopo quello che era tenuto a fare prima con l'appello principale, chiedere la riforma di una decisione ingiusta, per di più con una richiesta che l'imputato può rendere inefficace.

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