Cassazione penale Sez. II sentenza n. 3937 del 3 dicembre 1993

(3 massime)

(massima n. 1)

Nel procedimento speciale di applicazione della pena su richiesta delle parti, il beneficio della sospensione condizionale della pena non è oggetto di negoziazione tra le parti perché è fuori dell'area del patteggiamento. La concessione di tale beneficio, pertanto, può avvenire ad impulso di parte ma anche ad iniziativa del giudice, cui non può essere sottratto un potere discrezionale di rilevante portata politico giudiziaria, attribuitogli dalla legge sostanziale.

(massima n. 2)

Qualora nel giudizio venga formulata richiesta di applicazione di pena con il consenso del P.M., il quale però si opponga alla concessione della sospensione condizionale della pena, cui era stata subordinata l'efficacia della richiesta stessa, poiché il dissenso del P.M. sul beneficio previsto dall'art. 163 c.p. non è vincolante, il giudice non deve limitarsi a prendere atto del mancato consenso del P.M. ma può decidere sulla richiesta indipendentemente dal dissenso medesimo.

(massima n. 3)

Qualora il giudice del dibattimento rigetti la richiesta di applicazione della pena avanzata dall'imputato in conseguenza della ritenuta non concedibilità della chiesta sospensione condizionale della pena, posta come condizione subordinante dell'efficacia della richiesta stessa, non sussiste incompatibilità a procedere o partecipare al giudizio di tale giudice il quale, senza compiere valutazione di merito né in tema di responsabilità o di accertamento della presenza delle condizioni di applicabilità dell'art. 129 c.p.p. né in ordine all'accoglibilità della richiesta né in merito alla prognosi condizionante la concessione del beneficio di cui all'art. 163 c.p., si è limitato ad esaminare, solo ed esclusivamente, alcuni dati particolari di natura oggettiva emergenti da documenti fidefacienti, quali il certificato penale dell'imputato e il provvedimento di custodia cautelare, dei quali ha ricavato, con metodo induttivo, il giudizio positivo circa la pericolosità sociale del prevenuto. Tale giudizio sulla personalità dell'imputato non può ritenersi incluso tra «i fatti oggetto dell'imputazione» sicché con riferimento ad esso non è ravvisabile una ragione di ricusazione del giudice ai sensi dell'art. 37, lett. b), c.p.p.

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