Cassazione penale Sez. I sentenza n. 320 del 15 gennaio 1992

(2 massime)

(massima n. 1)

La ratio dell'aggravamento di pena previsto dall'art. 625, n. 2 c.p. è da ricercarsi, con riguardo a chi si serva di mezzi fraudolenti, nella attenuazione che in tal modo si verifica nella difesa del patrimonio contro le aggressioni altrui. Il soggetto passivo, cioè, è convinto di essere al riparo da tali aggressioni, ma non prevede di regola che le difese da lui approntate possano essere eluse in modo fraudolento. Così viene ritenuta escogitazione capace di sorprendere o soverchiare con l'insidia la contraria volontà del detentore, e vanificare le difese che questi ha apprestato a difesa delle cose proprie il fatto di introdursi nel luogo ove queste sono custodite servendosi di una chiave falsa. A non diverse conclusioni deve pervenirsi quando le chiavi adoperate per superare le barriere poste a protezione della proprietà siano quelle vere, ma siano state ottenute fraudolentemente.

(massima n. 2)

Deve essere esclusa la configurabilità della continuazione quando il secondo delitto risulti frutto accidentale di necessità maturatesi nel corso dell'attuazione del programma criminoso, e la continuazione non può essere riconosciuta in presenza di azioni che risultino maturate in situazioni nuove, di per sé capaci di dar luogo a distinti impulsi a delinquere. Purtuttavia esistono casi in cui l'ulteriore attività si rende necessaria proprio in conseguenza di un'azione precedente, alla quale si collega tanto strettamente da far apparire come un tutto unico inscindibile sia l'azione realizzatrice il delitto principale che quella posta successivamente in essere dal soggetto attivo nel tentativo di sottrarsi alle conseguenze di detta azione, nel tentativo di assicurarsene l'impunita sanzione. In detti casi, le violazioni ulteriori potranno bensì apparire connotate da maggiore gravità, tanto da rendere applicabile la circostanza di cui all'art. 61 n. 2 c.p., ma è innegabile che esse sono sorrette dalla medesima volontà unitaria che sorregge la violazione principale, anche nei casi in cui tale volontà sia sorta in modo improvviso, e l'agente, nell'emozione del momento, non abbia distintamente previsto quali sarebbero state le proprie mosse ulteriori, una volta raggiunto l'obiettivo avuto di mira sul momento. (Fattispecie di ritenuta continuazione tra il delitto di omicidio volontario e soppressione di cadavere).

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