Cassazione civile Sez. III sentenza n. 590 del 30 gennaio 1982

(2 massime)

(massima n. 1)

La diffida ad adempiere, che non prefigga il preciso termine entro cui il contraente inadempiente deve adempiere sotto pena di risoluzione del contratto, è in contrasto con il precetto dell'art. 1454 c.c., in quanto determina nel diffidato una situazione di incertezza obiettiva, impedendogli di giudicare se il termine stesso sia congruo — come la legge prescrive — ed esaurendosi, in sostanza, nella pretesa che spetti soltanto al contraente adempiente di giudicare ex post se la prestazione dell'altro contraente successiva alla diffida, ove si verifichi, ottemperi o meno alla diffida medesima quanto al termine di adempimento.

(massima n. 2)

La pattuizione di una clausola penale è compatibile con la previsione di un termine non essenziale, in conseguenza della diversa funzione ed operatività nel rapporto contrattuale, poiché, mentre il termine (di adempimento) riguarda il tempus in cui l'obbligazione deve essere adempiuta, cioè l'attualità del dover adempiere, la clausola penale si configura solo come un mezzo rafforzativo del vincolo contrattuale sul diverso e successivo piano degli effetti dell'eventuale inadempimento e concreta una concordata liquidazione anticipata del danno derivatone, indipendentemente dalla prova della sua concreta esistenza, senza che la previsione di tale clausola sia collegata automaticamente al carattere necessariamente essenziale del termine previsto in contratto, in quanto sia l'art. 1382 c.c., che il successivo art. 1385 si limitano a collegare gli effetti delle clausole rispettivamente previste al fatto dell'inadempimento, ossia ad un fatto riferibile anche ad ipotesi diverse dalla scadenza del termine, e l'art. 1382 citato prevede la stipula della clausola penale per il solo ritardo, supponendo, quindi, la possibilità di un adempimento posteriore alla scadenza del termine, salvo il risarcimento forfettario preventivato del danno derivante dal ritardo.

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