Cassazione penale Sez. III sentenza n. 3325 del 26 marzo 1991

(2 massime)

(massima n. 1)

Il reato di violazione di sigilli di cui all'art. 349 c.p. è configurabile anche se questi siano costituiti da semplici cartelli apposti dall'autorità, purché dagli stessi risulti chiaramente il divieto di mutare l'identità attuale della cosa. (Nella specie è stato ritenuto sufficiente ed idoneo un cartello con la dicitura «cantiere in sequestro»).

(massima n. 2)

Il divieto di cui all'art. 349 c.p. (violazione di sigilli) mira non soltanto ad assicurare l'identità della cosa, ma anche ad assicurarne la conservazione, sicché la sua violazione ricorre anche nell'ipotesi di prosecuzione dei lavori edilizi, in quanto questi mutano l'identità del manufatto e ne alterano la stessa conservazione. Ne consegue che risponde del suddetto reato l'autore di una costruzione abusiva che, nonostante il sequestro disposto dall'autorità, prosegua indebitamente i lavori.

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