Cassazione penale Sez. V sentenza n. 1371 del 6 febbraio 1987

(1 massima)

(massima n. 1)

Ai fini della sussistenza del delitto di sequestro di persona, di cui all'art. 605 c.p., il mezzo adoperato per privare la vittima della libertà personale può consistere anche in minacce atte a creare una persistente situazione di annullamento della volontà di autodeterminarsi nella scelta del luogo ove restare o andare. Ciò può accadere nell'ipotesi in cui, pur venendo materialmente allentata la diretta vigilanza impiegata per privare taluno della libertà personale, tuttavia la vittima senta la presenza costrittiva dell'agente e l'impossibilità di sottrarvisi senza pericolo alcuno, a causa della manifestata volontà di costui di impedirle, con minaccia o con altri mezzi coercitivi, la libertà di locomozione. (Nella specie, relativa a ritenuta sussistenza del reato, l'imputato aveva chiuso in casa la propria moglie, che aveva costretta a lasciare il posto di lavoro, a non attendere alle proprie relazioni sociali, privandola del telefono, picchiandola e minacciandola continuamente di morte, pure allontanandosi l'imputato medesimo sporadicamente durante il periodo di oltre due mesi in cui la vittima era rimasta in tale stato).

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