Cassazione penale Sez. I sentenza n. 1927 del 9 marzo 1981

(2 massime)

(massima n. 1)

Per la sussistenza del delitto di rapina non occorre che vi sia identità tra autore della violenza o della minaccia ed autore dell'impossessamento della cosa mobile altrui, purché il primo abbia agito per rendere possibile la condotta del secondo. Inoltre, il profitto cui tende la condotta delittuosa può anche non essere di natura patrimoniale e proprio del soggetto attivo. Né rileva che l'impossessamento e il profitto siano conseguiti attraverso l'imposizione di un rapporto apparentemente negoziale. (Nella specie gli imputati, previa distribuzione di manifestini e diffusione di slogans a favore della autoriduzione dei prezzi avevano fatto irruzione in un supermercato ed avevano costretto, con violenze fisiche e minacce, il gestore dello stesso ad ordinare agli addetti alla cassa di esigere soltanto la metà del prezzo delle merci esposte in vendita, sia in favore dei partecipanti alla manifestazione contro il carovita, sia di chiunque altro avesse effettuato acquisti).

(massima n. 2)

Ai fini della sussistenza del delitto di rapina — nella specie realizzata mediante l'imposizione coatta di un rapporto apparentemente negoziale — è irrilevante la circostanza che gli imputati fossero stati mossi dall'intendimento di dimostrare contro il carovita, posto che in un regime democratico gli obiettivi particolari di politica economica vanno perseguiti liberamente nelle sedi istituzionali e non violando la legge penale. (Nella specie attraverso una violenta «autoriduzione» dei prezzi furono asportate merci per un ammontare complessivo di lire sei milioni con versamento di lire 43.800).

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