Cassazione penale Sez. V sentenza n. 5907 del 12 maggio 1980

(1 massima)

(massima n. 1)

Mentre nel delitto di violenza privata la costrizione viene esercitata sulla libertà di autodeterminazione del soggetto (libertà psichica) in relazione ad un singolo atto, nel delitto di sequestro di persona viene lesa la libertà materiale dell'individuo (libertà di locomozione) in relazione ad una molteplicità di atti. Nei delitti contro la libertà individuale, quest'ultima viene configurata come genus rispetto alla species, rappresentata dalla libertà personale; ne consegue che mentre la prima riguarda l'autonomia della volizione e dell'azione del soggetto, del quale viene tutelata la libertà interiore o psichica, la seconda riguarda la libertà personale dell'individuo intesa come libertà di locomozione, cosicché il soggetto viene tutelato nella sua libertà materiale (o esterna). Il reato di cui all'art. 610 c.p. ha carattere sussidiario o generico perché diretto a reprimere fatti di coercizione non espressamente considerati da altre disposizioni di legge, né come elemento costitutivo, né come circostanza aggravante di diverso reato. Sicché quando la violenza usata per porre in essere la coazione determina la privazione della libertà di locomozione del soggetto passivo, si ha il diverso e più grave reato di sequestro di persona, e cioè un titolo specifico, che non può rimanere assorbito nel meno grave reato di violenza privata, costituendo la violenza nient'altro che il mezzo esecutivo del reato di sequestro di persona. Quando l'agente non solo priva il soggetto passivo della sua libertà personale ma gli impone di fare, tollerare o omettere qualcosa, il reato di sequestro di persona può concorrere con quello di violenza privata, essendo diversi i beni giuridici offesi e realizzandosi conseguentemente due diversi eventi. (Nella specie la vittima fu costretta a seguire un corteo e al tempo stesso a portare al collo un cartello ed a tenere le mani alzate dietro la nuca).

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