Cassazione civile Sez. I sentenza n. 13379 del 12 giugno 2014

(2 massime)

(massima n. 1)

L'arbitratore, al quale sia stata affidata la determinazione della prestazione dedotta in contratto (art. 1349 cod. civ.), può decidere secondo il suo criterio individuale, in quanto le parti hanno riposto piena fiducia nella sua correttezza ed imparzialità, oltre che nella sua capacità di discernimento, sicchè il suo apprezzamento si sottrae ad ogni controllo nel merito della decisione e le parti possono impugnare la determinazione effettuata solo dimostrando che egli ha agito intenzionalmente a danno di una di esse. In tal caso (ed a differenza dell'ipotesi in cui la determinazione sia stata rimessa all'equo apprezzamento del terzo, nella quale l'iniquità manifestata che può giustificare l'impugnazione deve essere oggettiva) assume rilievo decisivo l'atteggiamento psicologico dell'arbitratore che, tradendo la fiducia conferitagli, si pieghi volontariamente ed in piena consapevolezza agli interessi di una delle parti, non essendo sufficiente che l'incarico non sia stato compiutamente eseguito e che le determinazioni siano prive di ragionevolezza.

(massima n. 2)

In tema di determinazione della prestazione rimessa ad un terzo, il contratto di conferimento di incarico professionale o di mandato al terzo arbitratore non può essere risolto per inadempimento ex artt. 1453 e 1455 cod. civ., ostandovi la previsione dell'art. 1349, cod. civ., che consente l'impugnazione della determinazione di quest'ultimo solo se manifestamente iniqua o erronea ("arbitrium boni viri") o in presenza di comprovata malafede ("arbitrium merum"), che, altrimenti, resterebbe vanificata.

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