Cassazione civile Sez. Lavoro sentenza n. 2264 del 18 marzo 1996

(2 massime)

(massima n. 1)

Il principio per cui la costituzione in giudizio della parte intimata, implicando il raggiungimento dello scopo della notificazione, ne sana i vizi con effetto ex tunc, si applica anche all'ipotesi in cui il vizio della notificazione derivi dalla incompetenza funzionale di colui che l'ha compiuta e, segnatamente, del messo di conciliazione del luogo di notifica – sia essa diretta, per mancanza dell'autorizzazione richiesta dall'art. 34 del D.P.R. 15 dicembre 1959, n. 1229, sia essa derivata, per difetto delle condizioni alle quali l'autorizzazione è subordinata; infatti l'incompetenza del soggetto notificante, quale che ne sia l'origine, è causa di nullità non dell'atto ma della sua notificazione, suscettibile di sanatoria per effetto della costituzione del convenuto, a tale atto processuale essendo strumentalmente finalizzata la notificazione stessa.

(massima n. 2)

Anche nel rito del lavoro, nel giudizio di rinvio è preclusa alle parti – salva l'eccezione, espressamente prevista, del giuramento – ogni possibilità di nuove prove, nonché di conclusioni diverse, intese nell'ampio senso di nuove attività assertive o probatorie ed anche di nuove produzioni documentali, rimanendo esclusa la possibilità di invocare in contrario i poteri officiosi del giudice del lavoro di cui all'art. 421 c.p.c., e segnatamente quelli del giudice d'appello (art. 437 c.p.c.), atteso che tali poteri riguardano il processo del lavoro limitatamente ai primi due gradi di giudizio e non si estendono anche al grado di cassazione, del quale il giudizio di rinvio costituisce uno stadio. Né in contrario può invocarsi il principio secondo cui la potestas iudicandi del giudice di rinvio nel rito del lavoro, oltre ad estrinsecarsi nella valutazione ex novo dei fatti già acquisiti, può comportare anche la valutazione di altri fatti, la cui acquisizione sia consentita in base alle direttive impartite dalla Corte di cassazione, atteso che l'applicazione di detto principio è sempre subordinato al rispetto delle preclusioni e decadenze pregresse.

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