Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 9989 del 5 marzo 2018

(3 massime)

(massima n. 1)

Il sequestro probatorio nei confronti di un giornalista avente ad oggetto atti e documenti relativi all'esercizio della sua attività professionale deve conformarsi con rigore al criterio di proporzionalità tra il contenuto del provvedimento ablativo e le esigenze di accertamento dei fatti oggetto delle indagini ex art. 200, comma 3 cod. proc. pen. e art. 10 CEDU come interpretato dalla Corte EDU, evitando quanto più é possibile interventi invasivi nella sfera professionale. (Fattispecie in cui é stato ritenuto illegittimo il sequestro indiscriminato di supporti telefonici ed informatici ad un giornalista, alla sua convivente ed alla sua ex moglie).

(massima n. 2)

In tema di sequestro probatorio, l'esecuzione di una perquisizione e sequestro nei confronti di una delle persone indicate dagli art. 200 e 201 cod. proc. pen. non deve essere preceduta dall'avvertimento della facoltà di opporre il segreto professionale ( nella specie connesso all'attività di giornalista) o di ufficio e può dunque essere eseguita nelle forme ordinarie, senza ulteriori limitazioni sino all'opposizione per " iscritto" del limite.

(massima n. 3)

In tema di sequestro probatorio, non rileva l'incompetenza del pubblico ministero in quanto la competenza dell'organo requirente in fase di indagini preliminari costituisce un mero criterio di organizzazione del lavoro investigativo, che assume rilievo giuridico soltanto nei rapporti tra uffici del pubblico ministero e non inficia la validità degli atti compiuti dal P.M. dichiarato "incompetente", sicché nel caso in cui siano stati conclusi protocolli operativi tra procure, che possono costituire una forma di coordinamento investigativo ex art. 371 cod. proc. pen., non rilevano questioni di competenza, potendo il mancato coordinamento essere esclusivamente oggetto di avocazione da parte del procuratore generale presso la corte di appello ex art. 372, comma primo bis, cod. proc. pen.

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