Cassazione civile Sez. I sentenza n. 22275 del 25 settembre 2017

(1 massima)

(massima n. 1)

L'omessa o inesatta indicazione del nome di una delle parti nell'intestazione della sentenza va considerata un mero errore materiale, emendabile con la procedura di cui agli artt. 287 e 288 c.p.c., quando dal contesto della sentenza risulti con sufficiente chiarezza l'esatta identità di tutte le parti e comporta, viceversa, la nullità della sentenza qualora da essa si deduca che non si è regolarmente costituito il contraddittorio, ai sensi dell'art. 101 c.p.c., e quando sussiste una situazione di incertezza, non eliminabile a mezzo della lettura dell'intero provvedimento, in ordine ai soggetti cui la decisione si riferisce. (Nella specie, in riferimento a procedura promossa dal curatore del fallimento di società di persone, la S.C. ha stabilito che, sebbene la dichiarazione di fallimento avesse riguardato anche il socio in proprio, che non risultava però indicato nell’intestazione della sentenza, non sussisteva alcuna situazione di incertezza, né un’ipotesi di violazione del contraddittorio, perché parte sostanziale del giudizio risultava essere il fallimento, che era stato parte del contratto oggetto di controversia).

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