Cassazione civile Sez. III sentenza n. 12753 del 17 novembre 1999

(1 massima)

(massima n. 1)

L'accettazione tacita di eredità può desumersi soltanto dall'esplicazione di un'attività personale dei chiamato tale da integrare gli estremi dell'atto gestorio incompatibile con la volontà di rinunziare, e non altrimenti giustificabile se non in relazione alla qualità di erede, con la conseguenza che non possono essere ritenuti atti di accettazione tacita quelli di natura meramente conservativa che il chiamato può compiere anche prima dell'accettazione, ex art. 460 c.c. L'indagine relativa alla esistenza o meno di un comportamento qualificabile in termini di accettazione tacita, risolvendosi in un accertamento di fatto, va condotta dal giudice di merito caso per caso (in considerazione delle peculiarità di ogni singola fattispecie, e tenendo conto di molteplici fattori, tra cui quelli della natura e dell'importanza, oltreché della finalità, degli atti di gestione), e non è censurabile in sede di legittimità, purché la relativa motivazione risulti immune da vizi logici o da errori di diritto.

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