Cassazione civile Sez. III sentenza n. 14915 del 8 giugno 2018

(1 massima)

(massima n. 1)

La liberazione del debitore per sopravvenuta impossibilità della prestazione può verificarsi, secondo la previsione degli artt. 1218 e 1256 c.c., solo se ed in quanto concorrano l'elemento obiettivo della impossibilità di eseguire la prestazione medesima, in sè considerata, e quello soggettivo dell'assenza di colpa da parte del debitore riguardo alla determinazione dell'evento che ha reso impossibile la prestazione. Pertanto, nel caso in cui il debitore non abbia adempiuto la propria obbligazione nei termini contrattualmente stabiliti, egli non può invocare la predetta impossibilità con riferimento ad un ordine o divieto dell'autorità amministrativa ("factum principis") sopravvenuto, e che fosse ragionevolmente e facilmente prevedibile, secondo la comune diligenza, all'atto della assunzione della obbligazione, ovvero rispetto al quale non abbia, sempre nei limiti segnati dal criterio della ordinaria diligenza, sperimentato tutte le possibilità che gli si offrivano per vincere o rimuovere la resistenza o il rifiuto della pubblica autorità.

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