Cassazione civile Sez. III sentenza n. 15146 del 20 giugno 2017

(2 massime)

(massima n. 1)

Nel caso di immobile concesso in locazione dalla P.A., quest'ultima non è esonerata dall’onere di provare, con ogni mezzo - e, quindi, anche per presunzioni - l’esistenza di una concreta lesione del suo patrimonio, benché tale dimostrazione, ove l’immobile fosse destinato ad investimento produttivo mediante locazione, non debba essere data necessariamente attraverso proposte contrattuali ricevute, potendo essere desunta da altre circostanze di fatto che depongano per il mancato conseguimento di corrispettivi locativi commisurati a quelli di mercato; qualora, invece, l’immobile fosse destinato ad utilizzo per esigenze proprie dell’ente pubblico, il danno deve essere commisurato ad altre e diverse conseguenze pregiudizievoli, che devono essere puntualmente dimostrate, quali il costo sopportato dall’ente costretto a mantenere i propri uffici nell’originaria allocazione, ovvero la lievitazione dei prezzi dei lavori di ristrutturazione preventivati sull’immobile, o, ancora, la incidenza economica negativa, determinata dalla indisponibilità del bene, sul risultato della attività amministrativa.

(massima n. 2)

Il conduttore in mora nella restituzione della cosa locata è soggetto, in base all'art. 1591 c.c., ad un duplice obbligo: quello (che sussiste sempre) di dare al locatore il corrispettivo convenuto fino alla riconsegna, che ha natura di debito di valuta ed è sottoposto al principio nominalistico, concretandosi in un debito determinato, sin dal momento della sua nascita, in una espressione monetaria, e quello (eventuale) di risarcire il maggior danno patito dal locatore, che, invece, non essendo fin dall'origine un debito di natura pecuniaria, ma traducendosi in un concreto e specifico ammontare monetario solo al momento della pronuncia giudiziale di liquidazione, importa che deve tenersi conto della svalutazione monetaria verificatasi tra il mancato rilascio e la liquidazione del danno.

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