Cassazione penale Sez. II ordinanza n. 55328 del 30 dicembre 2016

(2 massime)

(massima n. 1)

In tema di rimessione del processo, deve escludersi che ripetuti articoli giornalistici, e persino una vera e propria campagna di stampa, pur continua ed animosa, assumano di per sé rilievo ai fini della "traslatio iudicii", in mancanza di elementi concreti che rivelino una coeva potenziale menomazione della imparzialità dei giudici locali. (Fattispecie in tema di reati di criminalità organizzata, nella quale la S.C. ha escluso la valenza eccezionale della pressione mediatica sul processo, contrassegnato da intemperanze nel dibattimento, osservando in particolare che i soggetti coinvolti nella vicenda processuale, per la loro specifica competenza tecnico-professionale, sono in grado di distinguere ciò che attiene al piano della notizia da quello che riguarda strettamente la prova; a nulla valendo, infine, la circostanza che i membri del collegio giudicante siano magistrati di "prima nomina", i quali esercitano le funzioni loro attribuite secondo disposizioni di legge e regolamentari, nonchè a seguito di un giudizio di idoneità a tale fine specificatamente espresso).

(massima n. 2)

In tema di rimessione del processo, non può assumere valenza evocativa di un'incidenza di non parzialità del giudizio o di condizionamento della libera determinazione dei soggetti del processo, la circostanza che il Procuratore della Repubblica abbia espresso sostegno al Sostituto Procuratore designato - bruscamente "redarguito" in aula dall'imputato - affiancando il suddetto magistrato alla successiva udienza dibattimentale, trattandosi di evenienza processualmente consentita in ragione della impersonalità dell'ufficio del pubblico ministero. (Nell'occasione, la S.C. ha altresì precisato che non può essere considerata ipotesi di "turbativa" la temuta parzialità dell'ufficio del pubblico ministero, evocata dai ricorrenti anche in relazione ad una intervista rilasciata dal titolare dell'ufficio in solidarietà del PM d'udienza, in quanto una volta iniziata l'azione penale e, con essa, la fase processuale, il rappresentante della pubblica accusa riacquista "in toto" la sua esclusiva veste di parte, in senso tecnico, spinta dall'unico interesse di veder comprovata l'impostazione accusatoria).

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